In una situazione ancora confusa a Washington, con l’impasse derivante dal controllo repubblicano della Camera, non sono stati accolti come incoraggianti i dati sul rialzo del tasso di disoccupazione americano. In un momento di grande conflittualità, qualcuno ha letto questi dati in rapporto all’andamento in rialzo di Wall Street come un ulteriore elemento di preoccupazione per lo scostamento tra economia reale e finanza. Sebbene, rimanga un problema di relazione tra dimensione finanziaria e dimensione economica (cavalcato a più non posso in Italia, con un preoccupante proliferare di affermazioni da “Mago Otelma” che però hanno vasta eco nei media), questi dati, se letti nel dettaglio, ci raccontano una storia diversa.



Un’analisi più approfondita dei dati rilasciati a inizio febbraio e relativi a gennaio, infatti, evidenzia che il modesto rialzo è attribuibile essenzialmente al rimbalzo all’indietro dell’occupazione in un settore fortemente stagionale (trasporti e corrieri) e alla preoccupazione sul fronte del pubblico impiego collegata ai diffusi tagli e alla non risolta questione del debito pubblico. I dati incoraggianti invece vengono dalla crescita dell’occupazione nel settore delle costruzioni, vero motore del Paese che si allinea alla ripresa dei prezzi e dell’attività immobiliare. Ancora più interessante è scoprire la forte diminuzione dei lavoratori scoraggiati che non sono tipicamente considerati nel dato sulla disoccupazione, ma che segnalano la fiducia nel mercato del lavoro.



Come dicevamo, in questo scenario permane la spada di Damocle del braccio di ferro di Washington nel quale il fronte repubblicano, fortemente indebolito dalla sconfitta di Romney e indeciso sulle posizioni estreme del Tea Party, si oppone attraverso Paul Ryan all’apertura in bianco all’Amministrazione Obama. Nello sbilanciamento tra le due camere, i repubblicani hanno già potuto contare su alcune vittorie importanti, come la ritirata del Presidente sulla nomina del Segretario di Stato, con un vero attacco alla candidata in pectore di Obama, Susan Rice.

Paul Ryan sta realizzando una sorta di resistenza passiva, non volendo rischiare di far addossare ai repubblicani tutte le responsabilità dei pesanti tagli alla spesa pubblica in fase di mini-ripresa. Il punto del contendere è la richiesta di un budget da presentare all’House Budget Committee.



Si tratta di una richiesta in parte inusuale, visto che non è mai stata fatta negli anni passati, ma Washington è in pieno tiro alla fune e anche questo è uno strumento di battaglia politica.

Per fortuna, come dicevamo all’inizio, che il settore privato sta rimbalzando e si inizia a respirare un’aria diversa. Giova ricordare che questo accade in un Paese che ha una pressione fiscale del 24,8% contro quella italiana del 43% (The Heritage Foundation, 2012), un Paese, quindi, molto meno dipendente dalla spesa pubblica e in generale più libero per l’iniziativa privata.