Silvio Berlusconi sembra inarrestabile. Dopo le proposte shock sulle tasse, ora affronta un altro tema caldo, quello del lavoro. E “promette” la creazione di 4 milioni di posti di lavoro. Le virgolette sono d’obbligo, perché il Premier ha spiegato che con la misura che intende approvare nel primo Consiglio dei ministri, azzerando tasse e contributi a carico delle aziende per i primi anni nel caso assumano un nuovo collaboratore, “se ogni impresa assumesse anche un solo giovane avremmo creato 4 milioni di nuovi posti di lavoro”. Niente di garantito quindi. Ma al di là di quest’ultima proposta shock, il Pdl ha pronta una  “terapia d’urto” in tema di lavoro: abolizione di una parte consistente della riforma Fornero fin dal primo consiglio dei ministri, introduzione di forme di lavoro flessibili e incentivi alla contrattazione a ogni livello, anche individuale. A redigerla l’ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e ricandidato per il Popolo della Libertà, Maurizio Sacconi, che a ilsussidiario.net spiega: «La riforma Fornero ha accelerato il crollo dell’occupazione, che certamente è imputabile all’andamento negativo dell’economia, ma che vede nell’irrigidimento dei contratti flessibili una concausa non secondaria. Più che una nuova riforma, serve quindi una terapia d’urto”.



In che senso?

Fin dal primo consiglio dei ministri occorre procedere con l’immediata cancellazione della legge Fornero per la parte di regolazione delle tipologie contrattuali flessibili e con l’immediata adozione di misure di completa detassazione per i prossimi cinque anni per i contratti permanenti e l’apprendistato dei giovani. La terza misura urgente nel primo giorno del consiglio dei ministri è la dotazione adeguata di risorse per ammortizzatori sociali in deroga, esodati e persone che sono a rischio di povertà con l’esclusione dal mercato del lavoro.



Quali sono invece le sue proposte per l’intero arco della prossima legislatura?

Bisognerà riprendere il percorso di riforma disegnato da Marco Biagi, che consiste nel passaggio dal complicato Statuto dei lavoratori disegnato negli anni ’60 e codificato nel 1970, con un semplice ed essenziale testo unico che contenga poche fondamentali disposizioni per tutti, universali e inderogabili, e lasci per il resto la libertà della contrattazione a ogni livello, anche individuale.

Perché un testo unico sarebbe più adeguato?

Abbiamo bisogno di una regolazione semplice e minima, affidandoci alla duttilità dei contratti che consentono alle persone e alle imprese di trovare i modi del reciproco adattamento. Va incoraggiata la contrattazione aziendale, utilizzando l’articolo 8 della manovra 2011, quello che la sinistra vuole abrogare con un referendum. In questo modo si collegherebbero sempre più i salari alla produttività, detassando fino a 7mila euro l’anno in modo da premiare anche a livello economico la ricerca condivisa della maggiore produttività.



Quali risposte si possono dare ai disoccupati?

Dobbiamo rafforzare la capacità di accompagnamento di coloro che sono in cerca di lavoro, fornendo un’adeguata informazione attraverso l’Inps come unica infrastruttura nazionale, sollecitando la competizione tra operatori pubblici e privati per quanto riguarda il collocamento e il ricollocamento. Un disoccupato deve avere dei voucher per scegliere liberamente i servizi di ricollocamento e di formazione che ritiene più utili a rientrare nel mercato del lavoro.

 

Qual è la differenza fondamentale tra la legge Biagi e la riforma Fornero?

C’è una differenza facilmente percepibile tra la legge che vigeva fino a pochi mesi fa e quella che vige ora. Questa differenza è data dal crollo dell’occupazione, che certamente è imputabile all’andamento negativo dell’economia, ma che vede nell’irrigidimento dei contratti flessibili una concausa non secondaria. Il mercato del lavoro italiano sta precipitando velocemente.

 

Condivide i contenuti dell’agenda Squinzi sul lavoro?

Li condivido nel momento in cui chiede la stessa cosa che ho proposto per la legge Biagi. Apprezzo inoltre il fatto che Squinzi ipotizzi il collegamento tra salari e produttività attraverso i contratti aziendali.

 

E le proposte di Ichino?

Dacché lo conosco non se ne è mai realizzata una. Le sue proposte sono sempre irrealizzabili, perché cercano conciliazioni contorte che non soddisfano nessuna ipotesi concreta.

 

Che cosa ne pensa invece del Piano del Lavoro presentato da Susanna Camusso?

E’ un grande piano di spesa pubblica, assolutamente incompatibile non solo con i vincoli di finanza pubblica, ma soprattutto con le esigenze di ridurre il peso dello Stato. La Camusso enfatizza la stabilizzazione di massa dei contratti a termine con le pubbliche amministrazioni e nega il bisogno di una maggiore liberazione del lavoro per creare maggiore occupazione.

 

In che cosa consiste questa “liberazione” del lavoro?

Occorrono regolazioni più flessibili, che rendano effettive le tutele dei lavoratori a partire dalla tutela primaria che consiste nella possibilità di accedere al mercato del lavoro. Quello del segretario della Cgil al contrario è un piano novecentesco, come se non fosse successo nulla nel mondo e in particolare in Italia non dovessimo porci un interrogativo: “Come mai i Paesi europei dove i sindacati sono più rappresentativi che altrove, fanno registrare i più bassi salari e i più bassi tassi di occupazione?”.

 

(Pietro Vernizzi)