Lunedì scorso la Bridgestone ha annunciato la chiusura della sua fabbrica di Modugno (Bari), attiva dal 1962, in cui lavorano 950 dipendenti e che coinvolge un indotto di circa 500 lavoratori. Venerdì la protesta degli operai e delle loro mogli, che hanno indossato le tute dei mariti e si sono presentate ai cancelli; presenti anche il Governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola, e il Sindaco della città di Bari, Michele Emiliano. L’azienda chiuderà nel primo semestre del 2014. L’annuncio è stato motivato con la grave crisi del mercato europeo, dopo “un’approfondita analisi dei cambiamenti del mercato continentale e globale dei pneumatici”. Ilsussidiario.net ha raggiunto il Sindaco di Bari, anche in virtù della posizione molto decisa che sia lui, sia il Presidente Vendola stanno tenendo nei confronti del colosso nipponico. «Puglia colpita duramente – attacca Emiliano. La vicenda Ilva è immensamente più complessa e anche più drammatica. Ma questa è un’altra stangata, anche perché si tratta di un vero e proprio fulmine a ciel sereno. E di una situazione a dir poco inaccettabile».



Perché definisce inaccettabile la situazione?

I manager della Bridgestone hanno fatto una videoconferenza dal Giappone, comunicando ai dirigenti e ai rappresentanti sindacali che l’anno prossimo chiuderanno la fabbrica di Modugno. Questa è un’operazione mostruosa, perché ci sono modalità per ragionare su queste cose che sono persino previste dalla legge. Agendo in questo modo si corre anche il rischio di fomentare qualche gesto inconsulto. Ci sono stati del resto incidenti, blocchi stradali, l’assalto a Confindustria… tutto questo per il modo scriteriato con cui è stata comunicata la decisione, tra l’altro non come un’ipotesi ma come una scelta già presa. Tutto questo è inaccettabile.



Secondo i dati citati dalla multinazionale, le vendite sono calate del 13% rispetto al 2011 e il mercato non mostra alcun segnale di ripresa. Inoltre, si parla di fattori sfavorevoli come la logistica e i costi energetici.

È vero che i costi dell’energia in Italia sono quelli che sono, sicuramente su questo si dovrebbe intervenire. Io credo però che questa vicenda sia legata al fatto che la Bridgestone ha aperto di recente uno stabilimento in Polonia e probabilmente si è accorta che facendo lavorare gli operai polacchi 12 ore al giorno, oltretutto pagandoli meno, è più conveniente che pagarli il giusto e farli lavorare 8 ore.



È questo il motivo per cui ha dichiarato pubblicamente che occuperà la fabbrica insieme ai lavoratori?

Sì, proprio per questo; anche perché, come dicevo, il modo in cui è stata comunicata questa decisione è raccapricciante. Se quello che penso sarà confermato, la nostra battaglia sarà durissima, senza esclusione di colpi.

Cosa intende dire?

Siamo in grado di colpire la Bridgestone in modo molto severo, nel suo prestigio aziendale e nei suoi interessi economici, senza fare prigioniero nessuno…

 

Ma vi risulta un quadro diverso da quello che riferisce l’azienda e, in base al quale, dice di chiudere?

Stiamo parlando di una fabbrica che esiste da 50 anni e di una produzione che ha sempre fatto utili, che lavora anche il sabato, la domenica, nei giorni festivi. C’è una flessibilità del lavoro eccezionale, si registrano livelli di assenteismo bassissimi, con un tasso di produttività del lavoro tra i più alti d’Europa. Si tratta di uno stabilimento che ha una logistica straordinaria, perché a Bari c’è l’autostrada, il porto, l’aeroporto, siamo a 40 minuti dal porto di Taranto se qualcuno avesse bisogno di spedire anche dei containers, e in più c’è l’aeroporto cargo di Grottaglie a 35 minuti dal sito della fabbrica.

 

Non c’è il rischio che una posizione così forte delle Istituzioni locali scoraggi ulteriormente gli investitori stranieri?

No assolutamente. Se qualcuno pensa di venire in Italia per i saldi si sbaglia. Se qualcuno vuole investire in Italia deve farlo con la lealtà e la serietà che si devono a un Paese sovrano e non a una colonia. Anzi, se scoraggiamo aziende poco serie tanto meglio.

 

Ma, secondo lei, la Bridgestone è azienda poco seria?

La Bridgestone a dire il vero non è né un’azienda poco seria, né una piccola azienda in crisi. È un gigante con un bilancio paragonabile a quello di una nazione, che prende delle decisioni con un frigo di penna probabilmente perché qualche dirigente annoiato ha fatto due conti e ha capito che nei prossimi 10 anni guadagneranno qualcosa di più chiudendo uno stabilimento e aprendone un altro. Ma questa è una logica delle relazioni industriali e della globalizzazione che va combattuta con una politica industriale che l’Italia non ha da molti anni, logica che va scoraggiata anche promuovendo la responsabilità sociale d’impresa, altrimenti queste multinazionali potranno sempre fare e disfare come un tempo facevano gli Unni o i Barbari.

 

(Giuseppe Sabella)