Tasso di disoccupazione mai così alto, livello record di precari e disoccupazione giovanile in costante aumento. Secondo la drammatica fotografia scattata ieri dall’Istat, il 38,7% dei giovani è senza un lavoro, il livello più alto mai registrato dall’inizio delle serie storiche sia mensili che trimestrali, quindi dal quarto trimestre del 1992. E’ proprio questo dato, comunica Eurostat, a rendere l’Italia il Paese peggiore d’Europa insieme alla Spagna, dove la disoccupazione giovanile è al 55,5%. Mai così allarmante anche il numero dei cosiddetti “precari”: nel 2012 sono 2.375.000 i contratti a termine e 433.000 i collaboratori. Nel mese di gennaio, inoltre, il numero complessivo di disoccupati arriva quasi a quota 3 milioni di unità, toccando sia la componente maschile che quella femminile. L’Istat precisa che i disoccupati risultano essere in aumento rispetto al mese di dicembre del 3,8% (110 mila unità) a 2.999.000. Su base annua viene rilevata invece una crescita del 22,7% (+554 mila unità). “Sono dati agghiaccianti e tra questi quello che continua a preoccuparmi di più è quello sulla disoccupazione giovanile”, ha detto il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. “Questa è una situazione assolutamente drammatica – ha aggiunto – di fronte alla quale dobbiamo reagire”. Abbiamo commentato i numeri Istat con Guglielmo Loy, segretario Confederale Uil.
Questi dati erano in qualche modo previsti?
Purtroppo erano drammaticamente previsti. Ormai esiste un collegamento immediato tra l’assenza di crescita, o addirittura una decrescita, e l’impatto sulla quantità e la qualità del lavoro. Se mettiamo insieme i dati economici del Paese, quelli sugli ammortizzatori sociali e sull’occupazione scopriamo che questo collegamento è ormai assolutamente automatico.
In che modo?
Un negozio non vende e, per questo motivo, l’azienda fornitrice non produce. E’ quindi evidente che, dal commesso all’operaio, esiste un elevato rischio che continuino a saltare posti di lavoro. Ci troviamo di fronte a un processo negativo senza precedenti su cui è assolutamente necessario intervenire. Bisogna innanzitutto proteggere le persone, alimentare dove possibile forme di occupazione e, soprattutto, sollecitare la ripresa del sistema economico, presumibilmente attraverso la graduale diminuzione della pressione fiscale.
Qual è, tra quelli diffusi dall’Istat, il dato che la preoccupa maggiormente?
Probabilmente quello riguardante la disoccupazione giovanile. Le aziende assumono molto meno e se nel 2008 avevamo registrato circa 12 milioni di avviamenti nelle varie forme, oggi la quota è scesa sotto i 10 milioni. Questi due milioni in meno rappresentano una cifra estremamente considerevole e ci ritroviamo inoltre con una riforma delle pensioni che, allungando l’età lavorativa, rende molto più lento il ricambio nelle aziende. La prima vittima di questo è l’occupazione, in particolare giovanile.
E anche in caso di assunzione, difficilmente un’azienda sceglie di optare per il tempo indeterminato…
Purtroppo è vero. Nella gran parte dei casi vengono privilegiati rapporti di lavoro a termine, proprio perché l’azienda non è in grado di programmare una stabilizzazione per la debolezza del ciclo economico.
Alla luce di questi dati, come possiamo giudicare la riforma del mercato del lavoro?
Francamente credo non sia corretto giudicare la riforma, che comunque presenta grandi criticità, basandoci sui dati Istat che stiamo commentando. In linea di massima, se un’azienda non assume, la colpa non è delle nuove regole della legge, ma dell’attuale condizione economica che non lo permette. E’ prematuro analizzare l’impatto delle riforma sul tasso di disoccupazione, tra qualche mese avremo certamente dati più attendibili.
Quali aspetti della riforma si riveleranno più efficaci?
All’interno della riforma esistono certamente misure virtuose e credo sia opportuno continuare a insistere sull’apprendistato, per diversi motivi: innanzitutto per garantire una conoscenza graduale tra impresa e giovane, per il costo decisamente minore (che prevede l’abbattimento quasi integrale dei contributi) e per l’importante valenza formativa che possiede. La riforma ha rafforzato l’apprendistato, confermando gli incentivi, quindi da questo punto di vista può rappresentare uno strumento utile.
Quale strada si sta percorrendo al momento nel tentativo di migliorare la situazione?
Si sta lavorando molto sugli aspetti contrattuali. I contratti, infatti, possono adeguare meglio alla specificità aziendale anche le nuove regole del lavoro e possiamo contare su uno strumento importante come la flessibilità contrattuale. Come dicevo, è chiaro che al contempo sarebbe necessario un intervento più ampio, a partire dalla pressione fiscale.
Che dati prevede nei prossimi mesi?
Temiamo che si possa raggiungere un aumento del tasso di disoccupazione di altri due punti percentuali. Vorrei ricordare che oggi abbiamo una cassa integrazione capace di proteggere ancora circa 5-600 mila posti di lavoro ogni mese: ovviamente non tutti sono destinati alla disoccupazione, ma, se la crisi proseguirà, una parte di essi difficilmente potrà rientrare in azienda.
(Claudio Perlini)