La disoccupazione nell’Eurozona ha raggiunto livelli senza precedenti negli ultimi tre mesi del 2012 e peggiorerà nel primo trimestre di quest’anno. È quanto emerge dal bollettino mensile della Bce che ha sottolineato come sia fondamentale che “i governi dell’area dell’euro intensifichino l’attuazione delle riforme strutturali a livello nazionale e rafforzino la governance dell’area dell’euro, ivi compresa la realizzazione dell’unione bancaria“. Nell’area Ocse invece, segnala l’organizzazione di Parigi, a febbraio il tasso di disoccupazione è in calo all’8% contro l’8,1% di gennaio. Il trend del tasso di disoccupazione è comunque variato a seconda del Paese: ad esempio, a febbraio sta significativamente calando (-2%) in Germania. In alcuni paesi, invece, ha raggiunto un picco, ad esempio come in Francia (è ora al 10,8%) e in Spagna (26,3%). In Italia, conferma l’Ocse, si è passati dall’11,7% di gennaio all’11,6% di febbraio. Un quadro che resta comunque molto preoccupante, come conferma Francesco Daveri, docente di Scenari economici all’Università di Parma. «L’Italia è sempre un po’ sotto la media dell’Eurozona, però la disoccupazione italiana è aumentata molto nell’ultimo anno. Non c’è da stare allegri», sottolinea intervistato da ilsussidiario.net.



In Germania e Austria la disoccupazione è a livelli bassi. Perché c’è così tanta differenza da un Paese all’altro dell’Eurozona?

Le ragioni principali sono due. Le economie dell’ex marco vanno meglio delle economie dell’Europa del Sud e dell’Ovest (Francia e paesi dell’Europa mediterranea). Se il Pil va meglio, la disoccupazione è più bassa, se il Pil va peggio la disoccupazione è più alta. Esiste una regola che si usa anche se c’è un po’ di variabilità tra paesi: per ogni punto di crescita di Pil perso, c’è un mezzo punto di tasso di disoccupazione in più.



Come funziona dunque?

Se l’Italia l’anno scorso ha registrato il -2,5% e la media di lungo periodo dell’Italia è l’1% o lo 0,5% del Pil, vuol dire che nel 2012 l’Italia ha perso tre punti di crescita circa, 2,5 più un altro mezzo punto. A fronte di questi tre punti percentuali persi, la disoccupazione sale di circa un punto e mezzo. Questa è un po’ la regola, si chiama legge di Okun, un economista americano degli anni ’70. Se un’economia va bene il suo mercato del lavoro va bene. In effetti la Germania ha avuto un Pil positivo sia nel 2011 che nel 2012 e questo spiega perché il suo dato di disoccupazione è migliore rispetto al nostro.



L’altra ragione che determina differenze così accentuate tra i paesi europei qual è?

Riguarda come si affronta la crisi. Un esempio sono le politiche messe a punto dai tedeschi quando, nel 2009, il loro Pil è andato male, meno cinque punti percentuali (lo stesso nostro calo). Da loro quasi la disoccupazione non è aumentata, da noi invece è salita.

Perché?

Da loro ci sono accordi sindacali che prevedono di condividere l’onere della crisi: si riducono le ore lavorate per ogni lavoratore e quindi si fa work sharing, detto in altre parole: quindi, si condivide il lavoro che rimane. In Germania hanno tutti lavorato un po’ meno e sono riusciti a difendere i posti di lavoro esistenti, salvo poi crearne di nuovi quando l’economia è ripartita.

 

Cosa che noi non abbiamo fatto…

 

Noi abbiamo usato la cassa integrazione che ci evita l’aumento della disoccupazione perché le persone rimangono occupate anche se non lavorano, però quando poi finisce la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria, straordinaria o in deroga a quel punto parte la mobilità. È un modo molto squilibrato di gestire una crisi sul mercato del lavoro (ci sono alcuni che pagano la crisi, mentre altri, quelli che hanno la fortuna di mantenere il loro posto di lavoro, no).

 

Come possiamo avvicinarci alla Germania?

 

Bisogna tornare a far crescere il Pil più rapidamente. La parte di Pil che ci manca al momento sono i consumi. Il problema è che non possiamo alimentare i consumi con riduzioni di imposte. Bisogna aumentare il reddito disponibile per le persone per farle consumare. Il modo più rapido è quello di tagliare le tasse, ma è un po’ difficile per l’Italia perché abbiamo accumulato troppo debito pubblico in passato.

 

L’alternativa quale può essere?

 

Quello che si può fare è un po’ quello che timidamente, un po’ troppo timidamente, ha provato a fare il Governo Monti: accelerare i pagamenti arretrati della Pubblica amministrazione per ridare fiato alle imprese che così riescono a rimborsare le banche che a loro volta migliorando i loro bilanci e hanno così più soldi da prestare alle famiglie che decidono di farsi un mutuo o comprarsi una macchina. Un’altra misura riguarda l’alleggerimento dell’Imu, che credo sia troppo alta (come è emerso anche in campagna elettorale). È vero che grazie alle entrate dell’Imu sostanzialmente è stato possibile aggiustare un po’ i conti pubblici, però il costo che l’economia reale ha pagato è stato molto alto.

 

Analizzando la situazione italiana, come si spiega il continuo aumento del tasso di disoccupazione?

Il problema dell’anno scorso è che i consumi sono diminuiti più del Pil. I consumi sono diminuiti del 3,5%, mentre il Pil del 2,5%. Di solito succede il contrario. Occorre assolutamente invertire questa tendenza. Bisognerebbe poi andare anche verso istituzioni del mercato del lavoro più simili a quelle tedesche, in modo che che quando c’è una crisi i costi vengano pagati pro quota da tutti. Nei momenti di difficoltà diventa difficile pensare al domani, più facile, invece, che si sviluppi una guerra tra poveri, tra quelli che rimangono senza lavoro e quelli che invece lo mantengono per ragioni magari casuali…

 

Secondo lei, il nostro tasso di disoccupazione potrà crescere ancora?

 

Temo di sì per tutto il 2013, perchè c’è un’altra regola che dice che prima devono migliorare i fatturati delle aziende e aumentare il Pil e solo dopo migliora anche il mercato del lavoro. Ancora non si vede il miglioramento del Pil ma solo un minor calo (anziché il -2,5% dell’anno scorso, in questo trimestre andremo più vicini allo zero): vorrà dire che nel primo semestre il Pil smetterà di cadere e poi ricomincerà ad aumentare solo nella seconda metà dell’anno. Bisogna, però, aspettare che aumenti il Pil per aumentar i posti di lavoro. Probabilmente la disoccupazione tenderà ad aumentare ancora un po’.

 

Di quanto?

 

Dipende un po’ da quello che succede al Pil. Ora il tasso di disoccupazione è all’11,6% e dovrebbe salire di un altro mezzo punto. I disoccupati potrebbero aumentare di altre 125mila persone a causa di quello che è già successo.

 

(Elena Pescucci)

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