Un figlio ormai adulto, mantenuto dai genitori, che rifiuti un lavoro, ancorché non corrispondente alle proprie aspirazioni e agli studi effettuati può considerarsi schizzinoso, anzi, “choosy”? Secondo la Cassazione, sì. E così, i giudici supremi hanno stabilito, con l’ordinanza 7970 del 2 aprile 2013, che chi rifiuta un impiego non ha più diritto all’assegno di mantenimento. La corte, in particolare, si è espressa nei confronti di una donna di 37 anni che si opponeva alla revoca dell’assegno da parte del padre il quale, oltre a lei, manteneva anche l’ex moglie. La vicenda ha avuto luogo a Palermo. Il genitore, dopo che la figlia non ha accettato, per l’ennesima volta, un impiego, ha deciso di tagliarle i viveri. La sentenza ha, in qualche modo, precisato una tendenza recente ma ormai consolidata della giurisprudenza secondo la quale, in controversie di questo genere, vanno favoriti i figli: «ai fini dell’esonero dell’assegno per il figlio maggiorenne – afferma la Cassazione -, è necessario che il mancato svolgimento di attività lavorativa dipenda da inerzia o da rifiuto ingiustificato».