Rispetto agli inizi, per lo meno, possiamo dire di non essere più in alto mare: non appena la riforma delle pensioni fu varata, ci si accorse che l’innalzamento repentino dei requisiti minimi avrebbe prodotto, in misura massiccia, il fenomeno dei cosiddetti esodati (categoria all’interno della quale, oltre agli esodati veri e propri, figurano anche i contributori volontari, i mobilitati e gli afferenti ai fondi di solidarietà). Ci vollero mesi prima che il governo ammettesse l’errore e la politica iniziasse a fornire soluzioni. Oggi, la questione è ben lungi dall’essere risolta ma, su una platea stimata in 390mila persone, a 130mila è stato consentito di accedere al trattamento previdenziale con le regole precedenti alla riforma della disciplina. L’operazione è stata varata con tre successivi provvedimenti, per applicare l’ultimo dei quali stata creata, dal nuovo Parlamento, una commissione ad hoc. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl.
Come giudica la decisione del Parlamento di istituire una commissione d’urgenza per affrontare, tra le altre cose, la vicenda degli esodati?
Il decreto esaminato dalla commissione, di per sé, rappresenta un semplice atto d’indirizzo rispetto a quanto è già stato previsto. Non vi è alcuna notizia. Casomai, va rilevato come la vicenda degli esodati continui, a causa dell’impostazione assunta in quest’ultimo anno, a essere segnata esclusivamente da criteri quantitativi. Si tiene, cioè, conto di un solo parametro: il contenimento degli oneri di finanza pubblica. E’ assente una visione del welfare riformatrice e in grado di governare il problema.
Secondo lei, che impostazione dovrebbe essere assunta?
La politica deve iniziare a considerare che stiamo parlando di persone, ridotte nella condizioni di non avere reddito da pensione o da lavoro per causa sua; non è, quindi, lecito fissare la platea di interessati in funzione delle disponibilità finanziarie. A prescinde dai costi – che ovviamente vanno stimati – le istituzioni devono prendere atto del fatto che è stata creata un’emergenza sociale, e che va sanata a tutti i costi.
Sta di fatto che le risorse scarseggiano…
Non direi: la riforma previdenziale produrrà un risparmio di 140 miliardi di euro in 10 anni. A fronte di ciò, è imperativo aprire una trattativa in cui sia possibile parlare delle persone, invece che degli oneri di finanza pubblica; e in cui si ragioni sull’impatto violento e deleterio determinato sulle prospettive di vita di centinaia di migliaia di persone; infine, si dovrà considerare che di tutto ciò sarebbe stato necessario farsene carico al momento dell’emanazione della riforma, come sempre è avvenuto in passato.
Sul finire della scorsa legislatura, il Parlamento è stato esautorato. Molte mosse delle commissioni sono state frenate dalla Ragioneria dello Stato. Non crede che il fenomeno abbia inciso sull’incapacità di risolvere la questione egli esodati?
A onore del vero, benché la normativa sia stata scritta dalle burocrazie, il Parlamento l’ha votata. Lo stesso Parlamento, che pur, in larga pare, ha preso a cuore la questione, non ha mai voluto spostare il perimetro della discussione dalle esigenze finanziarie al riconoscimento dell’emergenza sociale.
Crede che il nuovo Parlamento lo farà?
Me lo auguro. Come, del resto, mi auguro che le commissioni permanenti vengano al più presto istituite e si possa da vita a un governo autorevole in grado di predisporre le salvaguardie per tutte le persone interessate dalle penalizzazioni delle riforma Fornero. Il 16 aprile, inaugureremo un percorso che auspichiamo possa sanare definitivamente l’emergenza. Ovvero, manifesteremo con la Cgil e la Uil a Roma, di fronte al Parlamento; allora, deputati e senatore saranno tutti presenti, perché convocati per l’elezione del capo dello Stato. E sottoporremmo loro l’emergenza esodati, come quella relativa alla cassa integrazione in deroga agli sgoccioli.
(Paolo Nessi)