Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, è intervenuta per rispondere a quanti accusavano la sua riforma del lavoro di avere favorito i licenziamenti nell’ultimo anno. “Il perdurare della crisi economica non ha consentito alla recente riforma del mercato del lavoro di produrre rapidamente gli effetti previsti, in particolare con riferimento alla auspicata diminuzione del tasso di disoccupazione”. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Pietro Antonio Varesi, Professore ordinario di Diritto del lavoro all’Università Cattolica, sede di Piacenza.



Che cosa ne pensa del modo in cui il ministro ha replicato alle accuse?

Ha ragione il ministro Fornero, e il motivo è banale. La gran parte dei licenziamenti sono avvenuti in aziende di piccole dimensioni, in cui la materia dei licenziamenti non era toccata dalla legge Fornero. Quindi qualunque commentatore onesto e con un minimo di cognizione di causa comprende che i licenziamenti dipendono dal fatto che siamo nella più grande crisi che il Paese sta vivendo dal 1929 a oggi.



La legge Fornero ha quantomeno scoraggiato le assunzioni?

La legge Fornero ha posto dei vincoli nei confronti di alcuni contratti in quanto ambigui e utilizzati in maniera impropria, al confine con il lavoro irregolare. Un esempio è il lavoro intermittente, in cui il lavoratore è assunto per prestazioni saltuarie. In questi casi l’imprenditore comunica l’assunzione all’ufficio di collocamento e poi lo chiama quando vuole.

Quali possono essere gli abusi legati a questa forma di contratto?

Poiché per l’ispettorato del lavoro non è possibile controllare ogni volta la prestazione lavorativa svolta in modo regolare, il datore di lavoro può chiedere all’operaio di recarsi in azienda tutti i sabati e le domeniche. A quel punto quando arriva l’ispettore risulta in regola, mentre le tante volte in cui i controlli non avvengono l’imprenditore lo considera come lavoro irregolare.



Che cosa è cambiato con la legge Fornero?

La legge Fornero pone un vincolo, prescrivendo che il datore di lavoro deve dichiarare all’ufficio di collocamento ogni volta che chiama il lavoratore per la prestazione. In questo modo si sa quando il lavoratore presta realmente la sua attività, cosicché ciò avvenga in modo regolare. La conseguenza della legge Fornero è stata una caduta delle attivazioni di lavoro intermittente e contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Nel complesso gli effetti della legge Fornero sul mercato del lavoro sono stati positivi o negativi?

La legge Fornero interviene nel momento della più grande depressione economica che il Paese abbia mai vissuto da decenni. Si tratta di una norma che semplicemente cerca di spostare le convenienze delle imprese ad assumere con un contratto invece che con un altro. Il fatto che non si possano assumere con leggerezza i lavoratori con contratto di lavoro intermittente, non può avere nessun nesso causale con un milione di licenziamenti.

 

Per quale motivo quindi la Fornero è finita nella bufera?

E’ in atto una manovra politica di chiara origine per demonizzare la legge Fornero. Chi però ragiona sui dati economici con un minimo di razionalità, cercando di superare le passioni politiche, ha delle evidenze chiarissime. In un contesto di grave recessione, in cui l’economia è in crisi, la disoccupazione aumenta, la legge Fornero ha spostato la propensione dei datori di lavoro ad assumere con alcune forme di contratto piuttosto che con altre. Questo spostamento, che qualcuno può chiamare vincolo, è stata in realtà una pulizia del mercato del lavoro, perché alcune forme di lavoro utilizzate impropriamente fossero meno facilmente utilizzabili, anche se ciò può avere scoraggiato più di quanto ci si aspettasse i datori di lavoro.

 

(Pietro Vernizzi)