Riforma pensioni – Flessibilità e staffetta generazionale: le misure allo studio di Letta e Giovannini La modifica della riforma Fornero sulle pensioni non è un semplice auspicio, ma una possibilità concreta. Tutto dipende dal grado di volontà del governo. Che, per il momento, sembra effettivamente intenzionato a porre rimedio ad alcune tra le principali deformazioni prodotte dalla riforma. E’ allo studio, anzitutto, l’introduzione di un meccanismo di flessibilità che consenta al lavoratore di scegliere quando accedere al regime pensionistico in una forbice compresa, grosso modo, tra i 62 e i 70 anni. Accedere prima, implicherebbe delle penalizzazioni, dopo dei vantaggi. Altra ipotesi in cantiere è quella della staffetta generazionale: il lavoratore anziano potrebbe accettare un part time in cambio dell’assunzione, da parte dell’azienda, di un giovane. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Carla Cantone, segretario generale dello Spi-Cgil.
Lei è favorevole a una “controriforma”, considerando che le modifiche rischiano sempre di peggiorare la situazione?
Tale rischio è proprio la ragione per la quale continuiamo a sostenere che qualunque eventuale modifica dovrà essere apportata solo in seguito all’apertura di un confronto con le organizzazioni sindacali.
Per la realizzazione dell’attuale disciplina, che atteggiamento aveva assunto il precedente governo?
Non ci sono mai stati incontri negoziali, né confronti, né dialogo sociale. Il ministro, semplicemente, ci convocava, ci diceva cosa pensava e, in seguito, faceva quello che voleva. Chiediamo, quindi, di ripristinare una normale relazione sociale tra le parti.
Come pensa che sia necessario intervenire?
E’ necessario risolvere la questione degli esodati, individuare il modo per dare una pensione decente ai giovani lavoratori di adesso, e togliere, per tutti, l’aumento elevato e repentino dell’età pensionabile.
In tal senso, come giudica l’introduzione di meccanismi di flessibilità?
Occorre verificare cosa intenda il governo per flessibilità. Se significa che il lavoratore debba rinunciare a una parte del proprio assegno previdenziale quando, invece, ha il diritto ad andare in pensione prima in ragione del lavoro che ha svolto, non si può che non essere d’accordo. Per intenderci: chi lavora in un cantiere, non può lavorare fino a 65 o 70 anni, è evidente. Ebbene, perché chi è stato obbligato a lavorare fino a quell’età dalla riforma, dovrebbe essere costretto a pagare per tornare a poter andare in pensione a 62 anni, come prevedevano i suoi diritti prima che la riforma li stravolgesse?
Quindi?
Caso mai, invece che di penalizzazioni, si deve parlare esclusivamente di incentivi per chi si ferma più a lungo. Più in generale, è necessario modificare le età pensionabili lavoro per lavoro, applicando le norme già esistenti in materia di lavori usuranti.
Cosa suggerisce, invece, per gli esodati?
Verificheremo il da farsi strada facendo, nell’ambito della trattativa. In linea di principio, sarà necessario rispettare gli accordi che gli esodati avevano firmato con le proprie aziende.
Cosa ne pensa della staffetta generazionale?
Esistono alcune sperimentazioni, in ambito europeo, da valutare. L’importante è che venga preservato il principio della volontarietà e che sia mantenuto il valore della pensione. Se un individuo lavora tutta la vita, e gli ultimi anni, accettando il part time, si ritrova con i contributi dimezzati, non accetterà mai perché ci rimetterebbe. La staffetta, quindi, va bene se non vengono ridotti i diritti maturati.
Tutto questo costa. Avete pensato a dove si possono reperire le risorse
Le risorse si devono prendere dove ci sono. Ovvero, dai redditi ricchi. Che, in questo Paese, ci sono.
(Paolo Nessi)