Il governo sta analizzando l’esistenza di margini di manovra per modificare la riforma Fornero. L’attuale disciplina pensionistica fu realizzata in fretta e furia sotto il pesante condizionamento del commissariamento europeo. All’epoca eravamo dominati dall’ansia dello spread e, per evitare che esplodesse, si attinsero le risorse nel luogo in cui era più semplice e veloce prelevarle. Ovvero, dalle pensioni. Le repentinità fu foriera di tanti e tali errori che, col senno di poi, si capì che si sarebbero rilevati socialmente insostenibili. Molto più dello spread. Per porvi rimedio, è allo studio l’ipotesi di introdurre un meccanismo di flessibilità che consenta di scegliere quando andare in pensione, entro una forbice compresa tra i 62 e i 70 anni, in cambio di – rispettivamente – disincentivi e incentivi. Altra opzione in cantiere è quella della staffetta generazionale: il lavoratore anziano accetta un part time, mentre l’azienda assume un giovane. Abbiamo chiesto a Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, come valuta questi possibili cambiamenti.



Crede che questa volta si possa fare un’eccezione rispetto alla buona regola (mai rispettata) di non riformare la disciplina pensionistica a ogni cambio di governo?

Per la prima volta le modifiche non solo sono legittime, ma anche necessarie. La riforma, oltre a determinare disagi intollerabili per centinaia di migliaia di lavoratori, a partire dagli esodati, di fatto non consente pressoché a nessuno di poter andare in pensione.



Lei è favorevole all’introduzione di forme di flessibilità?

Di per sé, la proposta di attuare forme di incentivi e disincentivi a seconda dell’età di accesso alla pensione è ricevibile. Tuttavia, non può essere implementata da subito. Ci sono molte persone che, se fossero vigenti le regole precedenti alla riforma Fornero, si sarebbero trovate adesso in procinto di accedere al regime previdenziale. Ovvero, sarebbero mancati loro pochi anni. Non sarebbe giusto penalizzare queste persone con dei disincentivi per consentirgli semplicemente di riacquistare un diritto perduto da poco.

Quindi?



Ben venga la flessibilità. Ma non per coloro cui mancano pochi anni alla pensione. In tal senso, si può ipotizzare una fase transitoria. Inoltre, sarebbe necessario rimettere mano alla disciplina che identifica i lavori usuranti. A oggi non è stata compilata una lista definitiva ed esaustiva. A seconda del tipo di usura che la particolare tipologia lavorativa provoca, si dovrebbero studiare età pensionabili distinte.

 

Crede che per queste misure ci siano le risorse necessarie?

Queste modifiche sarebbero sostenibilissime. Anche perché, in seguito alla riforma Fornero, si è determinato un accantonamento di svariate decine di miliardi di euro. Quello sarebbe il capitolo di bilancio dal quale sarebbe più ragionevole e naturale attingere. Anche laddove questi soldi non fossero utilizzabili in virtù dei vincoli europei, perché già contabilizzati per coprire le esigenze dell’equilibrio di bilancio, altre risorse si potrebbero trovare in diversa maniera.

 

Come?

Tagliando i costi della politica. Non mi riferisco solamente al numero o agli stipendi dei parlamentari. Esiste una moltitudine di enti pubblici del tutto ingiustificati, nati esclusivamente allo scopo di rispondere alle esigenze di clientele politiche o distribuire favori e lavoro. Al contempo, esistono moltissime municipalizzate o partecipate statali presiedute da Cda composti da un numero di persone eccessivo e immotivato.

 

Come giudica, infine, la staffetta generazionale?

Può essere un modo per rilanciare l’occupazione e per consentire ai pensionandi più anziani di tirare il fiato. Tuttavia, sarà necessario pagare interamente i contribuiti ai senior e fare in modo che si tratti di una scelta fatta in assoluta libertà. 

 

(Paolo Nessi)

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