Uno studio del centro studi Ires-Cgil, pubblicato nei giorni scorsi, evidenzia tutta la drammaticità dell’attuale stato del Paese dal punto di visto economico e sociale. Con i dati riferiti all’ultimo trimestre del 2012 si descrive quel processo di costante crescita dell’area della difficoltà nel lavoro che ormai interessa circa 9 milioni di italiani.
In particolare, l’area della sofferenza occupazionale (disoccupati, scoraggiati e cassintegrati) aumenta, rispetto all’anno precedente, di 650 mila unità, (+16,6%) toccando la quota di 4 milioni e 570 mila persone. L’aumento complessivo rispetto al periodo pre-crisi (si fa riferimento all’ultimo trimestre 2007) è altresì di ben 1,9 milioni di persone (+70,1%). Il tasso di disoccupazione, infatti, cresce su tutto il territorio nazionale, ma nel Mezzogiorno questa dinamica è più marcata. Tale indice si attesta, infatti, al 18,3% rispetto al 14,9% di solo un anno prima. Aumenta anche la disoccupazione tra i lavoratori stranieri che raggiunge il 15,4%.
Cresce, come è ormai drammaticamente noto, la disoccupazione giovanile (15-24 anni) con tassi che al Sud superano il 46% per gli uomini e il 56,1% per le donne. Con riferimento ai più giovani, inoltre, la disoccupazione di lunga durata raggiunge, ormai, il 54.8% del totale, a fronte del 50,6% del quarto trimestre 2011.
In questo difficile contesto è chiamata a operare “la strana coalizione” che appoggia il Governo Letta. L’esecutivo, in questo già difficile momento economico, è costretto a fare i conti anche con gli effetti di una recente riforma del mercato del lavoro (la cosiddetta “Legge Fornero”) le cui nefaste conseguenze sull’occupazione stanno emergendo, con sempre maggiore chiarezza, di giorno in giorno. La stessa Cgil ed il Pd, ora guidato da un’ex segretario del sindacato di Corso Italia, in questi giorni, ne stanno prendendo atto. La terapia si sta, infatti, dimostrando più dannosa delle patologie che si proponeva di curare.
L’ex presidente dell’Istat, ora ministro del Lavoro, Enrico Giovannini inizierà, quindi, a dipanare il suo ambizioso “piano per il lavoro” mettendo mano alla cosiddetta flessibilità in entrata intervenendo su alcune criticità in materia di contratto a termine.
La vera sfida rimane, tuttavia, quella del rilancio del Paese scommettendo con forza su misure di sviluppo economico e sulla formazione che dovrà essere completamente ripensata nella prospettiva di “new skills for new jobs”. Anticipare, infatti, le dinamiche dell’economia globale preparando lavoratori e lavoratrici competenti, e in grado di accettare le difficili sfide del futuro, è la via principale da cui deve, necessariamente, provare a ripartire il Paese.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com