Dopo la grandi crisi del ‘29 l’allora Presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, propose una serie di azioni per rilanciare lo sviluppo economico del proprio Paese. Un pacchetto di misure economiche e sociali che sarebbe poi passate alla storia come il New Deal. Molti decenni sono trascorsi, il mondo è profondamente cambiato, ma, nonostante ciò, dopo una grande crisi economica globale, forse la più profonda dopo quella del ‘29, l’Europa, in particolare due paesi una volta ferocemente avversari come la Francia e la Germania, ripropongono, oggi, l’idea, sicuramente ambiziosa, di un New Deal per il vecchio continente.



La nuova sfida quindi che i governi europei hanno oggi davanti a sé è, prima di tutto, quella di far ripartire le economie sostenendo la crescita e i consumi. Una ripresa, tuttavia, che deve essere in grado di produrre anche nuovi posti di lavoro e buona occupazione per tutti, ma, in particolare, per le generazioni più giovani che rischiano altresì di vedere, in pochi anni, distrutti i sogni e le speranze per il futuro, ma, anche, crollare, amaramente, ogni progetto per il loro, seppur difficile, presente.



Sono, infatti, a marzo 2013, 5,7 milioni i giovani disoccupati europei (3,6 solo nell’area dell’euro) che corrispondono a un tasso di disoccupazione che sfiora il 24%. L’Italia, ahimè, con un poco invidiabile 38,4% (lo stesso del Portogallo per intendersi) è uno dei paesi che registra le “migliori” performance in questa speciale classica. I livelli più bassi sono, ma il fatto non rappresenta più una novità, quelli che possono esibire Germania e Austria, seguite a poca distanza dai Paesi Bassi.

In questo quadro opera la scommessa della youth guarantee, ossia la possibilità di dare ai giovani, sotto i 25 anni, entro 4 mesi dalla fine della scuola o dall’inizio della disoccupazione, tutti gli strumenti necessari per trovare un tirocinio o un contratto di apprendistato da utilizzare per entrare attivamente nel mercato del lavoro o, in alternativa, per agevolare l’accesso a ulteriori percorsi formativi.



Il New Deal, tuttavia, non può essere solo una nuova parola d’ordine da citare in qualche convegno per addetti ai lavori, ma deve rappresentare un nuovo approccio a questi problemi per tutti i soggetti interessati a partire dalle pubbliche amministrazioni nazionali, ma anche, se non soprattutto, regionali e locali, le Parti sociali, il mondo dell’impresa e le istituzioni formative a partire dalle Università, troppo spesso autoreferenziali.

L’Europa, da parte sua, sta investendo, almeno in questa prima fase, ben 6 miliardi di euro (potrebbero diventare addirittura 60) per rilanciare l’occupazione giovanile. Il nuovo corso presuppone, infatti, una vera e autentica corresponsabilità di tutti gli attori coinvolti perché questi investimenti diano i buoni frutti auspicati e non si trasformino, come troppe volte è purtroppo accaduto in passato, in inutili corsi di formazione pensati più per i portafogli dei formatori che per dare risposte alle giovani generazioni.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com