Negli scorsi giorni un articolo di Giuseppe Sabella su queste pagine ha descritto in modo esaustivo lo stato dell’arte nei rapporti tra Cgil, Cisl e Uil, alla luce delle intese “interne” sulla rappresentanza e da negoziare con Confindustria e le altre associazioni datoriali, della definizione delle priorità economiche e occupazionali da discutere con il nuovo Governo, del nuovo clima di relazioni favorito dal risultato elettorale. Sugli esiti del lungo confronto interno su rappresentatività e rappresentanza (e forse già in parte informalmente condiviso con Confindustria) si è già detto: il risultato elettorale ha di fatto allontanato la possibilità di un intervento di regolazione legislativa, storicamente osteggiato da tutto il mondo sindacale non collegato organicamente (oltre che per tradizione) alla sinistra, Cisl in prima fila ma non solo.



In questo senso la Cgil, preso atto della situazione, non ha potuto far altro che raggiungere un compromesso con le altre organizzazioni, pena il possibile “isolamento contrattuale”: infatti, un sindacato non può vivere solo di proteste e tatticismi, si legittima facendo accordi e intese con chi si manifesta come interlocutore, non potendo scegliere ma solo prendendo atto di chi ai tavoli rappresenta qualcosa in termini di peso associativo (per i sindacati) da una parte e di prerogative imprenditoriali dall’altra. Ma c’è una seconda incognita, a tutt’oggi non compiutamente esplicitata: non sono ancora chiare le caratteristiche e le tipologie di relazioni e rapporti che la nuova maggioranza parlamentare e il Governo che ne è espressione vorrà mantenere con le Parti sociali, se il pendolo volgerà verso forme di dialogo sociale stringente o verso un formale canale informativo, procedura adottata da Mario Monti e dalla compagine dei tecnici che ha guidato il Paese per quasi un anno e mezzo.



Noi non sappiamo e forse non è nemmeno utile innescare riflessioni figlie di un recente passato ovvero se deve tornare la concertazione, il dialogo sociale o altro. Ci appaiono modalità da specchietto retrovisore, per altro superate dalla situazione del Paese, dagli scenari comunque diversi innescati dalla formazione della compagine dell’on. Letta, dalla necessità di adottare celermente taluni provvedimenti in tema di sostegno al lavoro e alle imprese (sul fronte fiscale), dalla possibilità di riformulare in maniera più equa la tassa sull’abitazione di proprietà (con la possibile abrogazione non sulla prima casa ma sull’unica casa). Intanto che a Roma si discute Sagunto viene espugnata… ma in che senso?



Io penso che occorra rovesciare la metafora invocata recentemente dai grillini del M5S e guardare ciò che il Paese reale sta segnalando di positivo nelle relazioni sociali, nei patti territoriali, in taluni accordi aziendali di welfare integrativo a quello pubblico e statale, nelle forme di mutualità di cui si sente la necessità, nella rottura e abbandono di taluni schemi che ci trasciniamo dagli anni ‘70 nei rapporti sindacali e di lavoro.

Come riportato, anche da molteplici quotidiani, stanno aumentando i modelli Luxottica, ovvero accordi nelle imprese per sostenere il diritto allo studio dei figli, forme di asili nido inter-aziendali, la promozione di iniziative per il rimborso di spese sanitarie e assistenziali, utilizzando tutti gli spazi (pochi per la verità) di de-fiscalizzazione e de-contribuzione esistenti, avvicinando e attenuando il divario tra retribuzione lorda e il valore “in basso a destra” (la retribuzione netta).

Il gruppo leader nell’occhialeria sta facendo scuola e si stanno moltiplicando gli effetti emulativi sia nelle imprese di medie dimensioni che nei distretti territoriali. Ma sta avanzando anche il cosiddetto modello Bayer, una modalità adottata dalla multinazionale chimica qualche tempo fa a Siena e recentemente nelle vicinanze di Bassano del Grappa.

Con i sindacati la filiale italiana ha patteggiato un innovativo schema per la ricollocazione delle persone in esubero dai propri stabilimenti o nei casi di chiusura degli impianti, sostenendo l’occupabilità attraverso il pagamento del costo della retribuzione alle imprese che assumono il personale Bayer per periodi che possono variare da 12 a 24 mesi in relazione ai tipi di contratto adottati, ricercando le imprese e le opportunità di lavoro con l’aiuto del sistema associativo e delle comunità locali, istituzioni comprese.

Nella sostanza un maggiore sostegno economico proporzionale alla tipologia di assunzione adottata: si offre di più se si assumono le persone a tempo indeterminato, l’incentivo è invece inferiore quanto più il contratto è a termine e di minore durata. È una modalità per non lasciare sole persone e famiglie, superando la logica del pur ricco (si fa per dire) incentivo da indennizzo. Non solo, ma in caso di retribuzione inferiore nella nuova impresa Bayer si accolla per 24 mesi la differenza.

Si può discutere dei particolari, ma ciò che interessa è la sostanza. È dal moltiplicarsi di questi eventi, nel dare spazio a queste tendenze, nel raccontare di questi e altri percorsi virtuosi che, forse, possiamo segnalare la voglia di ripresa dell’Italia e degli italiani, simboleggiata anche dalla presenza delle diverse associazioni dei datori di lavoro sui palchi sindacali del 1° maggio a Bologna e Treviso.

Negli scorsi giorni, durante il Congresso della Cisl lombarda sono stati premiati alcuni artigiani, simbolo ed espressione del lavoro manuale, frutto della testa e dell’intelligenza delle persone, modalità per affermare la dignità di tutti i lavori, compresi quelli ingrati e faticosi agli occhi di tanta sociologia di bassa lega; ma al tempo stesso è stata premiata anche una grande azienda alimentare, italiana, di proprietà di un imprenditore che continua ad assumere giovani dalla propria scuola professionale interna.

E se in un congresso sindacale si premiano quelli che una volta erano considerati “nemici” forse la questione fa emergere ben altro: 10,100,1000 percorsi in cui l’alleanza tra imprese e lavoratori si manifesta non come nuova ideologia del terzo millennio, ma come dato della realtà, sempre e comunque più forte dei nostri pensieri (diceva qualcuno). 

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