Respinto il ricorso della Fiom relativo ai 19 lavoratori di Pomigliano messi in cassa integrazione. Un caso aperto da lungo tempo e che ha visto denunce e ricorsi continui. Adesso l’ultimo della serie vede la sconfitta del sindacato: secondo i giudici, non c’è stata discriminazione nei confronti dei lavoratori come invece sosteneva la Fiom, indicando la loro appartenenza appunto al sindacato che non ha firmato gli accordi con la Fiat come causa. Ferdinando Uliano, segretario nazionale di Fim Cisl intervenendo sul caso, ribadisce che la sentenza dei giudici conferma invece la bontà dell’accordo firmato dalla Cisl con il lingotto. «Il nostro accordo introduce per la prima volta, rispetto all’accordo che esisteva in precedenza, la possibilità di rotazione per i lavoratori di Pomigliano. Per quello riteniamo che la conferma dell’accordo è indispensabile in quanto ha potuto mettere tutti i lavoratori sullo stesso piano» ha detto durante una conversazione con ilsussidiario.net. Inoltre, aggiunge Uliano, «il nostro accordo ha permesso proprio la reintegrazione di alcuni dei lavoratori della Fiom che avevano rischiato invece il licenziamento». 



Uliano, ci spieghi perché l’ordinanza del giudice è stata da voi accolta positivamente e quali sono adesso i rapporti con Fiom.

La Fiom aveva fatto ricorso rispetto all’accordo da noi firmato. Un accordo di cassa integrazione il nostro, che ha consentito di definire un ulteriore periodo di cassa integrazione e soprattutto tolto di mezzo il rischio di quei 19 licenziamenti in quanto l’azienda aveva aperto una procedura in questo senso a fine anno.



Stiamo parlando dei 19 lavoratori di cui la Fiom denunciava discriminazione da parte della Fiat?

Esatto. Con il rischio che se non si trovava una soluzione con la cassa integrazione ci sarebbe stato un serio pericolo per più di 1400 lavoratori. Con quell’accordo invece abbiamo costruito le condizioni per allungare il periodo di cassa vista la situazione nel settore auto, e soprattutto di mettere in cantiere un percorso di rotazione che prima era escluso per parecchi lavoratori.

La Fiom ha comunque provato a fare ricorso.

La Fiom rivendicava che i suoi 19 militanti avessero la possibilità di non fare cassa integrazione e di essere occupati a pieno regime. Questa era la loro contestazione. Ma proprio il nostro accordo ha fatto sì che alcuni militanti della Fiom, come altri lavoratori, abbiano potuto iniziare un rientro in azienda.



Ci ricorda brevemente in cosa consiste l’accordo?

L’accordo è abbastanza complesso. Definiva tre fasce di collocazione dei lavoratori. Con queste fasce i lavoratori avevano la possibilità per alcuni, vista la professionalità acquista, di continuare a garantire la loro presenza in azienda perché questo consentiva di continuare a produrre la Panda e tutto il resto. Un altro gruppo invece cominciava a ruotare su alcune postazioni con la prospettiva di aumentare il numero stesso dei lavoratori impiegati.

Dunque è la rotazione la novità grossa di questo accordo?

Il nostro accordo introduce per la prima volta rispetto all’accordo passato la possibilità di rotazione. Per quello riteniamo che la conferma dell’accordo sia indispensabile perché ha messo tutti i lavoratori sullo stesso piano.

 

Lei ha parlato di buoni risultati per quanto riguarda la produzione della Panda: cosa significa concretamente ala luce della crisi del mercato delle auto?

La Panda è la macchina più venduta nella sua fascia. Ovviamente auspichiamo che il mercato riprenda e ci siano le condizioni di ripartire con il terzo turno perché questo significherebbe il riassorbimento di ulteriori lavoratori. Noi infatti adesso rilanciamo dicendo che la rotazione può migliorare, ma c’è un elemento da curare e cioè la possibilità di incrementare il terzo turno sullo stabilimento per dare il lavoro a tutti, superando anche l’elemento della rotazione. Ma questo dipende non solo da Fiat ma anche dal mercato.

 

Ecco: c’è qualche segnale da parte di Fiat, rispetto alla grave crisi del settore?

Da parte della Fiat come da parte di tutte le altre case generaliste, si denuncia il fatto che il mercato europeo e italiano è in sofferenza, date le difficoltà che i consumi stanno subendo oggi. E’ una cosa che riguarda un po’ tutte le case. Abbiamo fatto un incontro a livello europeo e i dati sono negativi per tutti. Addirittura nel primi tre mesi di quest’anno la Volkswagen, seppure non sia una casa generalista ma di livello diverso, ha cominciato a far segnare dati negativi.

 

Che cosa avete sottolineato in questo incontro europeo?

Uno degli elementi centrali che abbiamo posto con gli altri sindacati europei è una attenzione alle politiche industriali e il rilancio dell’auto da parte di tutti i governi. Il governo Monti, ad esempio, si era impegnato a mettere in cantiere risposte che facilitassero le esportazioni, ma non ha fatto niente, anzi ha aumentato la tassazione complessiva sulle auto. Quindi abbiamo una tassa che con la crisi che c’è non fa altro che deprimere ulteriormente le possibilità di vendita. Non è un caso che l’Italia segni un calo dei volumi maggiore rispetto agli altri paesi europei. 

 

Da parte del nuovo governo invece vi aspettate un sostegno, una politica di rilancio del settore?

Auspichiamo che il nuovo governo affronti il nodo dello sviluppo e il rilancio industriale. Di poter cioè ragionare non solo nella direzione di attingere dal settore dell’auto con le accise e le tassazioni che hanno fatto sì cassa, ma su un settore già in difficoltà, quindi aumentando le difficoltà. Auspichiamo venga riportata una  condizione di non tartassamento verso chi acquista l’auto. Questo riguarda non solo Fiat ma tutte le aziende. Una attenzione dunque a chi investe in Italia e l’attenzione a rilanciare i consumi interni. 

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