Il costo del lavoro non è tutto. È questo il risultato dell’indagine di Towers Watson che compara la retribuzione lorda in nove paesi europei. Secondo tale studio, il costo del lavoro italiano è simile a quello francese e spagnolo, almeno per quanto riguarda gli operai specializzati. Tale indagine è interessante perché evidenzia alcuni elementi molto importanti per quanto riguarda il “mondo” del lavoro italiano.
In primo luogo, il problema non deriva direttamente dal settore privato. La remunerazione media è infatti cresciuta meno di quella pubblica nell’ultimo decennio, dimostrando che una buona parte dei problemi sono piuttosto legati al settore pubblico. L’altro dato interessante è quello relativo al cuneo fiscale. Se le retribuzioni lorde sono simili, è certo che in Italia il cuneo fiscale è uno dei più elevati d’Europa e incide profondamente sulla retribuzione netta. Questo punto non interessa direttamente le aziende, ma i lavoratori, che si ritrovano in busta paga uno stipendio relativamente basso. Se compariamo il dato italiano con quello spagnolo, la nostra pressione fiscale è eccessivamente più elevata.
Lo studio inoltre evidenzia direttamente quello che è il problema della produttività. Avere un costo del lavoro elevato non è l’unico elemento importante. Infatti, il costo del lavoro per unità produttiva è quello che conta maggiormente e quello italiano è uno dei più elevati in Europa. Non interessa dunque a un’azienda avere un costo del lavoro elevato o meno, se le risorse umane sono molto efficienti. È essenziale andare a studiare il costo del lavoro per unità produttiva per vedere meglio le problematiche italiane.
Inoltre, al fine di attrarre gli investimenti stranieri, è essenziale eliminare o almeno risolvere in parte le problematiche maggiori che affliggono il nostro Paese. La lentezza burocratica alza delle barriere invisibili che di fatto limitano l’arrivo delle imprese che vogliano produrre occupazione nel nostro territorio. Secondo lo studio “Doing business” della Banca Mondiale, l’Italia è in coda alla classifica per le difficoltà che crea alle aziende per stabilirsi.
L’incertezza nell’avere i permessi per potere iniziare a produrre è un altro motivo per il quale le imprese straniere non vengono nel nostro Paese. Se dalla fase di progettazione a quella di realizzazione di un magazzino ci vogliono diversi anni in Italia e centinaia di firme di autorizzazione, si comprende bene perché vi sia una certa reticenza nell’investire da noi.
Vi è poi un punto dolente: la lentezza della giustizia. In Italia ci vogliono circa dieci anni in media per arrivare alla fine di un processo civile. Quale azienda è disposta a sostenere un costo del genere e un’incertezza di tale portata? Nessuna o molte poche. Un esempio interessante arriva dal mondo dell’automotive. Perché nessun politico si chiede il motivo per il quale in Italia si fabbricano ormai circa la metà dei veicoli che si producono in Repubblica Ceca o circa un terzo di quelli prodotti in Spagna e Francia?
Non è solo questione di costo del lavoro, variabile che può valere in parte per la Repubblica Ceca, ma è l’insieme delle debolezze italiane che non permette al nostro Paese di svilupparsi.