Con un apposito decreto ministeriale del 5 ottobre 2012 (in attuazione del cosiddetto “Decreto Salva Italia”) è stato istituito, presso il ministero del Lavoro, un fondo dedicato al finanziamento di specifici interventi a favore dell’incremento, sia in termini quantitativi che qualitativi, dell’occupazione giovanile e femminile. L’atto istitutivo del fondo prevedeva di finanziare un incentivo, di importo pari a 12 mila euro, da erogarsi a favore di quei soggetti che avessero stabilizzato, entro il 31 marzo 2013, rapporti di lavoro “atipici”, “flessibili” o “precari”. In particolare, si faceva riferimento alle ipotesi di trasformazione di contratti a termine, di collaborazione coordinata (anche a progetto), nonché di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, che fossero in essere o cessati nei sei mesi precedenti alla “nuova” assunzione.
Si definivano, altresì, incentivi di importo minore per chi avesse effettuato, entro il medesimo termine, assunzioni a tempo determinato di almeno 12 mesi. Si specificava, inoltre, che tali incentivi spettassero solo con riferimento alle assunzioni di giovani (senza distinzione di genere) fino a 29 anni (30 anni non compiuti alla data della trasformazione/assunzione) e donne di qualunque età.
Due giorni fa il ministero del Lavoro ha comunicato che sono state presentate ben 44.054 richieste pari a un controvalore economico di 409,2 milioni di euro. Le richieste accolte, in base all’ordine di presentazione, sono state, altresì, solamente 24.581 per complessivi 232 milioni di euro che rappresentano il totale di quanto messo a disposizione dal precedente governo su tale misura. Nello specifico, quasi il 50% degli incentivi sono stati riconosciuti a soggetti che ne abbiano fatto richiesta a fronte di trasformazioni e stabilizzazioni con contratti a tempo indeterminato full-time. Un ulteriore 40% è stato, inoltre, assegnato a seguito di conversioni in contratti a tempo indeterminato part-time.
Complessivamente, quindi, tale misura ha permesso l’ingresso nel mercato del lavoro con contratti di lavoro “stabili” a oltre 20 mila giovani e/o donne che rappresentano, certamente, due target group particolarmente deboli nel quadro complessivo del nostro mercato del lavoro. È da auspicarsi che tali dati, sicuramente apprezzabili, aiutino e stimolino, già a partire dalle prossime settimane, la riflessione, peraltro già presente anche nella Riforma Fornero, sulla necessità di ripensare complessivamente un sistema di incentivi all’occupazione che, troppe volte, più che rappresentare uno strumento di stimolo alla creazione di nuova occupazione, si limitano a far emergere situazioni di lavoro sommerso pregresso.
Nei prossimi mesi, infatti, nel quadro di un ripensamento complessivo della spesa pubblica focalizzata alla valorizzazione della qualità e dell’efficacia della stessa, il governo sarà chiamato a compiere precise scelte nell’allocazione delle risorse che si auspica vadano nella direzione della promozione, in particolare, di quegli strumenti, come l’apprendistato nel caso dei giovani, che meglio sanno contemperare le esigenze di sviluppo del capitale umano con il potenziamento della capacità competitiva del sistema delle imprese.
In questa prospettiva, quindi, è da augurarsi che la più volte proclamata volontà di ridurre il costo del lavoro, da realizzarsi anche attraverso meccanismi di decontribuzione, non si concretizzi nella produzione di nuova e ulteriore normativa o di vincoli per gli operatori del sistema, ma scommetta sulla semplificazione di quella vigente puntando sulla valorizzazione delle potenzialità e delle opportunità che questa può offrire ai lavoratori e alle imprese.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com