Per svolgere il suo compito, il leader deve possedere e usare molteplici abilità, che vanno da quelle personali e relazionali, al fatto di possedere un pensiero flessibile, ovvero strategico e sistemico. Le abilità personali riguardano il modo in cui il leader si comporta in una data situazione. Esse gli consentono di scegliere e progettare lo stato psicologico, l’atteggiamento, il punto di attenzione più adatto per inserirsi in una determinata situazione. In un certo senso, le abilità personali sono i processi attraverso i quali il leader guida se stesso.
Le abilità relazionali riguardano, invece, la capacità di comprendere, motivare e comunicare con le persone e si riassumono nella capacità di cogliere lo stile cognitivo di un collaboratore e la rappresentazione che l’altro ha della realtà (cioè nel suo spazio di percezione); nello stabilire un rapporto con lui e nel guidarlo a riconoscere i problemi e gli obiettivi in gioco. Il pensiero flessibile consiste, allora, nella capacità di identificare per un’organizzazione uno stato desiderato; di diagnosticare le condizioni di partenza, i vincoli, le opportunità, le minacce, i punti di forza e di debolezza; nello stabilire quindi la sequenza di condizioni intermedie che è necessario percorrere per raggiungere lo stato desiderato. In questo senso, il pensiero flessibile, pur essendo necessario per definire e acquisire mete e obiettivi specifici, richiede di saper determinare i soggetti e le operazioni che sono in grado di influire con maggiore efficacia ed efficienza sulla condizione attuale, in modo da muoverla nella direzione auspicata.
Il pensiero flessibile, infine, è alla base di ogni problem solving efficace e della capacità di creare gruppi di lavoro funzionali. Il suo utilizzo pratico e concreto è probabilmente l’indicatore più sensibile del livello di maturità del leader. Sul versante delle capacità relazionali un ruolo importante è giocato dalla comunicazione, che non vuol dire solo trasmettere delle informazioni. La comunicazione è una forma di interscambio attivo tra interlocutori, di messaggi complessi, di semplici verifiche di comprensione, domande, risposte, accordi, disaccordi, confronti e conflitti.
Infatti, pensando a un discorso pronunciato da qualcuno che possiamo ritenere un leader, ci accorgiamo quanto le parole assumano importanza trasformandosi in comportamenti e condivisione. Sappiamo che si può comunicare anche senza parole, con uno sguardo, un’espressione del volto, una stretta di mano o un abbraccio caloroso. Le parole, però, hanno una caratteristica peculiare: lasciano una traccia. La comunicazione è un’esperienza che ci arricchisce, ci avvicina al pensiero delle persone che ci circondano, coinvolge, ci cattura, ci migliora.
I leader sono consapevoli che attraverso la loro comunicazione possono convincere i loro collaboratori a seguirli. Sono altrettanto consapevoli che un errore nella comunicazione potrebbe allontanarli definitivamente. Naturalmente, non si può comunicare un pensiero o un’idea e poi agire in modo diverso da quello che si è detto. I comportamenti pienamente “coerenti” con i messaggi oggetto della loro comunicazione riguardano ogni piccolo gesto o azione che si decide di mettere in atto, al lavoro, a scuola, con gli amici, in famiglia, condividendo le risorse, le conoscenze e le responsabilità.
I comportamenti debbono poi essere necessariamente condivisi. La condivisione è un modo per abbattere la barriera che separa i leader dai loro collaboratori e le persone tra di loro. Condividere un lavoro, un progetto o un’attività, vuol dire soffrire insieme, gioire insieme, vuol dire sostenersi reciprocamente e trovare la voglia di costruire delle sinergie, sfruttando il talento che ogni individuo serba dentro di sé. Solo nella combinazione di comunicazione, comportamenti e condivisione è possibile ottenere risultati di successo: tra questi tre punti non c’è una demarcazione netta. In effetti, l’atto di condividere una conoscenza con qualcuno coinvolge il sistema di comunicazione ed è comunque un comportamento.
Esistono, infine, relativamente ai comportamenti di leadership, due orientamenti fondamentali che rispecchiano due diverse visioni del mondo: il primo orientamento è incentrato su un leader che dirige e che agisce, spinto da un’enorme energia, verso una direzione chiara, pretendendo dai suoi collaboratori il massimo impegno per il raggiungimento dell’obiettivo prestabilito. Il secondo orientamento vede il leader come un saggio che, nello spirito del servire disinteressato, aiuta un gruppo di persone a elaborare una visione comune e a realizzarla.
Gli elementi centrali di questa seconda visione sono la fiducia, la comprensione, l’impegno, l’empatia, l’apertura, l’affiatamento tra i collaboratori e il feed-back. Nella realtà, questi due comportamenti possono essere destinati, di regola, a integrarsi vicendevolmente; l’azione del primo orientamento, infatti, è preponderante nei processi di cambiamento reattivi dell’azienda; ma i comportamenti proattivi richiedono un pieno orientamento al servizio. La comprensione, dunque, e la padronanza di questi comportamenti paradigmatici costituirà probabilmente in futuro una condizione fondamentale per guidare le aziende verso l’eccellenza.