Tante parole e pochi fatti. Così Susanna Camusso giudica l’operato del governo Letta, preso di mira nelle ultime ore. La sensazione, ha detto il segretario generale della Cgil, “è che i dossier si moltiplichino e che non si decida sui singoli capitoli”, a causa di un’incertezza predominante che ha portato a “non aver deciso qual è il punto vero su cui concentrarsi”. La Camusso è intervenuta poi sul dibattito relativo all’imminente aumento dell’Iva, una questione che “diventa, anche dal punto di vista dell’impatto psicologico, una cosa importante. Ciò che non va bene è l’idea che, siccome bisogna intervenire su quello, bisogna abolire anche la tassa sulla proprietà della casa”. Intanto, mentre Cgil, Cisl e Uil si preparano a scendere in piazza a Roma per la prima volta insieme dopo dieci anni, è atteso per settimana prossima il decreto del governo con il cosiddetto “piano lavoro” per affrontare l’emergenza e incentivare le imprese sulle nuove assunzioni. Abbiamo fatto il punto della situazione insieme a Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.



Condivide la posizione della Camusso nei confronti del governo Letta?

Non condivido affatto il pensiero della Camusso, visto che una delle principali responsabilità delle difficoltà in cui si trova il governo Letta è proprio dei sindacati. Sono stati loro, con assoluta incoscienza, a non rendersi conto che, per poter fare richieste all’esecutivo, ciascuno deve necessariamente fare la sua parte. Una parte che, a mio giudizio, non hanno mai fatto.



Come mai?

Basti pensare cosa accadeva all’epoca della Fornero, quando accettavano le tassazioni in entrata perché volevano eliminare dall’area del lavoro i non iscritti al sindacato, compresi i giovani. E’ assurdo, quindi, che adesso chiedano al governo misure per l’occupazione, dopo che hanno fatto di tutto per impedirle e dopo aver ostacolato duramente ogni modifica all’articolo 18. Sono state queste scelte a bloccare le poche idee sensate che abbiamo visto, come la liberalizzazione dei cosiddetti licenziamenti disciplinari e così via. Insomma, il governo Letta può avere anche le sue colpe, ma è impensabile che adesso possa tirar fuori dal cilindro degli sgravi fiscali che risultino efficaci.



Cosa crede sia necessario prima?

Gli sgravi fiscali avranno senso il giorno che faremo registrare degli incrementi di produttività. Fino a oggi, invece, abbiamo avuto solo diminuzioni. In Spagna, per fare un esempio, la produttività adesso è aumentata, al contrario dell’Italia, grazie ad alcune riforme. Guardi, in fondo credo che i nostri sindacati abbiano molte più responsabilità del governo per le difficoltà in cui ci troviamo.

Come giudica invece l’operato del governo Letta?

Il governo Letta è stato troppo timido per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro, l’unica misura su cui la Commissione europea giustamente continua a insistere. Il piano dell’esecutivo non è indirizzato al rilancio dell’economia del Paese, ma piuttosto a fare piccole manutenzioni: però, se riuscirà davvero a togliere l’Imu sulla prima casa, a non far aumentare l’Iva e a intervenire sul lavoro giovanile, allora si renderà comunque protagonista di cambiamenti importanti.

 

Cosa pensa invece delle parole della Camusso su Imu e Iva, da tenere separate?

Credo che abbia torto anche in questo. In Italia, infatti, è stata proprio la tassazione sui patrimoni immobiliari ad aver notevolmente contribuito alla recessione e all’aumento della disoccupazione giovanile. Si sono venuti a creare due effetti negativi rilevanti: da una parte la caduta dei valori immobiliari e il blocco dell’edilizia, con evidenti fenomeni di disoccupazione, mentre dall’altra una perdita di valore patrimoniale e di garanzie bancarie dei clienti, con conseguente stretta del credito. La tassazione della prima casa è stata un grosso errore dal punto di vista delle conseguenze sull’occupazione, quindi sarebbe molto più importante togliere questa che evitare di aumentare l’Iva, ma è ancora più sbagliato immaginare gli interventi totalmente separati.

 

Cosa si aspetta dal pacchetto-lavoro che dovrebbe essere presentato la prossima settimana?

Non sono molto ottimista nei confronti di questo pacchetto di misure, soprattutto perché credo che il lavoro non si crei attraverso gli sgravi per favorire l’occupazione giovanile, ma con misure che aumentino la domanda di lavoro in generale. Anche ammettendo che verrà effettivamente presentato, non credo comunque che quanto stabilito potrà effettivamente aumentare la domanda di lavoro giovanile.

 

Per quale motivo?

Perché ci troviamo in un Paese in cui le grandi imprese sono sempre più spinte ad andare all’estero, in cui i costi per mantenere una sede legale sono altissimi, in cui nascono di continuo nuove imposte e in cui si continua a sanzionare, anche penalmente, chi svolge attività economica: come si può pensare che, in questo scenario, degli sgravi fiscali per favorire l’occupazione giovanile possano davvero fare la differenza?

 

(Claudio Perlini)

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