Erano dieci anni che Cgil, Cisl e Uil non manifestavano compatti in piazza. Lo hanno fatto per spronare il governo Letta ad agire, sul fronte del lavoro. Certo, il governo cerca di comunicare un certo zelo. Ma, in realtà, il pacchetto lavoro che sarebbe dovuto essere emanato nel Cdm di venerdì scorso, è stato rinviato a mercoledì. Un certo immobilismo, quindi, è probabilmente innegabile. Per questo, i sindacati si sono detti stufi delle belle parole, o delle continue dichiarazioni d’intenti, e hanno invitato l’esecutivo a «smetterla di cincischiare», ad «avere coraggio» e, in particolare, a «dimezzare le tasse sul lavoro, ridurle fortemente su pensioni e imprese che investono», Abbiamo chiesto a Giuliano Cazzola, esperto di welfare, che cosa ne pensa della manifestazione di ieri.



Come giudica la discesa in piazza dei sindacati?

Devo dire che qualche ragione, effettivamente, ce l’hanno. Insomma, che il governo fatichi e prendere delle decisioni  e che quelle che assume non siano particolarmente epocali, mi pare che sia sotto gli occhi di tutti. Questo fantomatico piano del lavoro, poi, continua ad essere rinviato di settimana in settimana.



Non pensa che i sindacati abbiamo manifestato per puro spirito corporativo?

A dire il vero, in generale, non si può certo sostenere che abbiano un atteggiamento ostile nei confronti del governo. Del resto, l’esecutivo è pur sempre guidato dall’ex vicesegretario del Pd, mentre il Pd è guidato dall’ex segretario generale della Cigl. Il fatto che siano tornati a marciare uniti, poi, è segno di un clima diverso che si respira da un po’ di tempo a  questa parte,  da quando tra Cgil, Cisl e Uil si è riaperto un dialogo serrato che ha portato, tra le altre cose, ad un importante accordo sulla rappresentanza.



Le sembra che da loro siano giunte proposte intelligenti?

La più significativa è quella che avanzano da sempre: ovvero, di abbassare le tasse sul lavoro Come, del resto, continua chiedere Confindustria.

Come valuta, invece, il pacchetto che si accinge a produrre il governo?

Credo che si dovrebbe impegnare maggiormente, anzitutto, non tanto nel creare incentivi economici, quanto nel togliere i disincentivi normativi. Si tratterebbe di una riforma a costo zero: mi riferisco, in particolare, alle limitazioni al contratto a termine. Le collaborazioni, per effetto della riforma Fornero, sono calate, a causa dei vincoli particolarmente penalizzanti. Le aziende quindi, si stanno rivolgendo sempre di più ai contratti a termine. Sarebbe meglio, a questo punto, estendere la rimozione del causalone per i contratti fino a 12 mesi, anche a quelli fino a 36. Sta di fatto che il governo, invece, intende procedere con gli incentivi. E in maniera, oltretutto, scorretta.

 

Cosa vuol dire?

Si apprende che è stata posta una limitazione alle assunzioni: gli incentivi sono previsti esclusivamente per i neoassunti e per gli under 30. Ora, si dà il caso che i problemi maggiori esistano nella fascia che va dai 20 ai 35 anni. Spesso, chi si avvicina al limite della fascia, rischia di restare intrappolato nel precariato, senza riuscire a fare il salto di qualità e senza riuscire ad avere una prospettiva di vita serena.

 

Il taglio cuneo fiscale, infine, sarà rinviato.

Con un miliardo, a tanto ammonterebbero le risorse disponibili, si taglia ben poco di cuneo. Detto questo, sarebbe comunque utile concentrare le forze per ridurlo, ma in maniera intelligente: invece che usare le risorse limitate per tutti, il che produrrebbe pochissimi benefici per tanti, sarebbe meglio indirizzarle esclusivamente verso le aziende che assumono giovani: questo produrrebbe molti benefici per pochi. Ma si tratterebbe di benefici che fungerebbero da leva per la ripresa della produzione.

 

(Paolo Nessi)

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