Il governo sembra procedere sulle misure occupazionali a passi incerti. Il pacchetto lavoro che sarebbe dovuto essere approvato venerdì scorso è slittato a mercoledì. Si ipotizza l’impiego di circa un miliardo di euro di risorse (spalmato su più anni) per ridurre il carico fiscale alle imprese che assumono. Ma vale solo per gli under 30 e per le nuove assunzioni, non per la stabilizzazione dei contratti precari. Si dà, ormai, per scontata la riduzione della pausa di tre mesi tra un contratto a termine e l’altro, mentre il taglio del cuneo fiscale è stato rinviato: non ci sono soldi, e il governo li sta cercando tra le pieghe del bilancio. Secondo Maurizio Del Conte, docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Bocconi, farà bene a trovarli, o a usare immediatamente il miliardo ipotizzato per varare questo provvedimento, lasciando passare in second’ordine tutto il resto.
Perché, secondo lei, gli incentivi all’assunzione valgono solo per i neoassunti?
Temo, semplicemente, che ancora una volta la scelta sia il frutto di un risultato contabile. Saranno stati effettuati dei conti sulle risorse disponibili e i limiti ipotizzati sono un mero stratagemma per ridurre la platea di persone coinvolte dalle misure. Certo, fatta la legge trovata l’inganno. Quanti, mi domando, si faranno risolvere il contratto per ottenerne uno nuovo contratto a tempo indeterminato?
Ha senso che il provvedimento abbia validità solo per gli under 30?
No. La fase più drammatica della disoccupazione giovanile si concentra tra i 25 e i 34 anni. Si tratta della frazione che subisce maggiormente la volatilità del lavoro e la precarietà. Prima dei 25 anni, invece, spesso i giovani sono ancora studenti. Il limite, di per sé, non ha alcun senso ed è in contrasto con la giurisprudenza giuslavorista.
Viene, invece, data per scontata la riduzione della pausa tra un contratto a termine e l’altro.
Introdurre quella norma fu una follia. Moltissimi giovani non hanno ottenuto il rinnovo del contratto e si sono ritrovati senza impiego perché, com’era ovvio, il datore di lavoro non avrebbe potuto permettersi di restare con una risorsa in meno per tre mesi. Di fatto si è incentivato il lavoro in nero o la disoccupazione.
Perché fu introdotta?
Per dare l’idea di aver combattuto la precarietà. Pensare che le imprese sarebbero state indotte a stabilizzare i propri dipendenti, considerando oltretutto la sfavorevole situazione economica, fu decisamente ipocrita. Nessuno poteva francamente pensare che le imprese, poste di fronte a un bivio, avrebbero scelto l’opzione dell’assunzione a tempo indeterminato.
La riduzione a quanto dovrebbe ammontare?
Il nostro sistema si era adattato a una pausa di 15-20 giorni. Tornare a quella durata conferirebbe un minimo di continuità. Si può pensare, inoltre, di eliminare del tutto la pausa, ma solo nel momento in cui l’opzione venisse delegata alla contrattazione collettiva. Un minimo di controllo ci vuole pur sempre. Esistono, ad esempio, aziende di trasporti del sud-Italia in cui ai lavoratori vengono fatti firmare centinaia di contratti a tempo determinato della durata di un giorno.
Cosa ne pensa del rinvio del taglio al cuneo fiscale?
Se si tratta di un rinvio tecnico, e se il problema consiste realmente nel fare i conti come si deve, allora che si prendano pure 15 giorni. Siamo con l’acqua alla gola, ma due settimane resisteremo. Se, invece, si tratta dell’ennesima tecnica dilatoria, allora abbiamo più ben poche speranze di uscire dalla crisi.
Se siamo con l’acqua alla gola, un miliardo di euro sarà sufficiente per non affogare?
Un miliardo è una goccia nell’oceano. Ma se venisse usato per tagliare senza indugio il cuneo fiscale, diventerebbe una leva in grado di generare risorse: è fuor di dubbio, infatti, che se il costo del lavoro viene ridotto, le imprese assumono, mentre i neo-occupati rappresentano nuova fonte di gettito Irpef e consentono all’azienda di aumentare la produzione. Non dimentichiamo, infine, che la misura determinerebbe l’emersione del nero. C’è da sperare, quindi, che le poche risorse siano usate in questa direzione, piuttosto che venire disperse in mille rivoli.
(Paolo Nessi)