Anche la modifica della riforma Fornero appare sempre più come uno degli impegni che il governo si è assunto in maniera inderogabile. Come è ormai noto, la riforma delle pensioni venne definita in tempi rapidissimi, sotto la spinta delle esigenze di cassa per far fronte ai timori legati allo spread e al giudizio che la comunità degli investitori internazionali dava di noi all’epoca. Il risultato fu un prodotto raffazzonato, portatore di iniquità. Non ci eravamo limitati ad adeguare la nostra disciplina agli standard europei, ma l’avevamo resa la più aspra in assoluto. Ora, l’esecutivo intende fare una parziale marcia indietro. Introducendo, anzitutto, un meccanismo di flessibilità che consenta di scegliere quando cessare il rapporto di lavoro, entro un range compreso tra i 62 a i 70 anni. Chi va prima subirà delle penalizzazioni, chi va dopo otterrà degli incentivi. Altra modifica allo studio di Letta e Giovannini, è la staffetta generazionale: l’azienda paga di meno un dipendente anziano, e con i soldi risparmiati assume un giovane. Ovviamente, al lavoratore senior, che potrebbe anche essere contento di arrivare gradualmente alla pensione, dovrebbero essere pagati interamente i contribuiti. Abbiamo parlato con Paola Olivelli, professoressa di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi di Macerata, della fattibilità di un percorso del genere.



Che opinione si è fatta della flessibilità?

La riforma Fornero, anche a causa delle numerose incongruità e dei buchi presenti nella normativa,  ha prodotto numerose ingiustizie e la flessibilità potrebbe contribuire a sanarne parecchie.

Pensa che il sistema potrebbe risultare finanziariamente sostenibile anche con i meccanismi di flessibilità?



Sarà opportuno che il governo calibri in maniera opportuna il sistema di incentivi e disincentivi affinché gli equilibri di bilancio non siano messi in discussione. Non bisogna dimenticare che il sistema dovrà risultare sostenibile non solo per le casse dello Stato, ma anche per gli stessi lavoratori. Già di per sé, infatti, il sistema contributivo è foriero di penalizzazioni. Prima si va in pensione, e più ridotto sarà l’assegno. Occorre fare in modo, quindi, che la penalizzazione non riduca l’importo al punto tale da rendere, di fatto, impossibile andare in pensione prima.

Il risparmio prodotto dalla riforma potrebbe essere utilizzato per le modifiche alla riforma stessa?



Di per sé, sarebbe il luogo più naturale dover reperire le risorse. Utilizzare il risparmio prodotto dal sistema pensionistico per risolvere i problemi che esso stesso ha creato mi sembra un’iniziativa equa.

 

Cosa ne pensa della staffetta generazionale ?

Potrebbe rappresentare un sistema positivo. Ma solo in teoria. In pratica, non so quanto può essere vero che a fronte di un anziano che lascia, l’azienda assuma un giovane.

 

Perché no?

Anzitutto, non possiamo di certo obbligare l’azienda ad assumere qualcuno. Esiste una libertà imprenditoriale che non si può intaccare con misure di queste genere. Oltretutto, non è detto che la metà dello stipendio che l’impresa non dovrebbe più versare al lavoratore senior possa essere sufficiente per l’assunzione di un giovane. Del resto, nella realtà, queste cose non accadono.

 

Cosa intende?

Per intenderci: un tempo, quando in università un ordinario andava in pensione si liberava un posto per un altro ordinario. Oggi non è più così. L’ordinario che lascia il lavoro, semplicemente, non viene rimpiazzato. Siamo un periodo di crisi e viviamo in ristrettezze economiche tali che non consentono il ricambio generazionale.

 

Quindi?

Dobbiamo fare i conti con la congiuntura economica sfavorevole e non possiamo fare altro che auspicare che arrivi la tanto auspicata ripresa e che riparta l’occupazione.

 

Come crede che vada affrontata la vicenda degli esodati?

Se il criterio che orienta le decisioni del governo fosse l’equità e la giustizia sociale, la vicenda degli esodati andrebbe risolta definitivamente una volta per tutte. 

 

(Paolo Nessi)

Leggi anche

RIFORMA PENSIONI/ I consigli non richiesti al nuovo commissario InpsRIFORMA PENSIONI/ Quota 96. Ghizzoni (Pd): "aggiustando" un errore aiuteremo la scuolaRIFORMA PENSIONI/ Damiano: 35 anni di contributi e 62 di età, ecco la vera flessibilità