Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nel corso delle sue Considerazioni finali, ha evidenziato come il sistema Paese non sia stato capace, ben prima che si manifestasse l’attuale crisi in tutta la sua drammaticità, di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici che hanno caratterizzato gli ultimi 25 anni. L’adeguamento alla moderna società globale, troppo spesso richiesto a parole, ma così a lungo rinviato, rappresenta, infatti, per l’Italia una scommessa di portata storica.
Abbandonare progressivamente il 1988 ed entrare nella complessità della post-modernità significa, in realtà, ripensare complessivamente un paradigma culturale e un modello complessivo di società a partire dall’organizzazione produttiva delle imprese, dal sistema d’istruzione, dal rapporto tra competenze e percorsi di accesso al mercato del lavoro, dalle caratteristiche del modello di welfare e dalla distribuzione dei redditi, nonché di un’amministrazione pubblica finalmente efficace.
Una sfida, questa, che sebbene necessiti, quindi, del contributo decisivo di una politica, possibilmente riappacificata tra le diverse fazioni in campo e con il Paese, non potrà essere vinta senza il contributo responsabile della “società civile”, delle Parti sociali e di tutte le forze produttive.
Nel 1988 l’ex capo della CIA George Bush sr. è eletto presidente degli Stati Uniti, con una delle più schiaccianti vittorie di sempre, sul candidato democratico Don Quayle. Oggi il capo della più grande potenza economica e politica mondiale è Barack Obama, il primo afroamericano eletto a quest’incarico. Nel 1988 la Germania è ancora divisa da un muro. Nel 2013 il Paese, finalmente riunificato, rappresenta la locomotiva dell’area Euro sotto la guida di un cancelliere donna che viene dall’Est.
Venticinque anni fa iniziava, con l’impegnata “Gimme five!”, la carriera di Jovanotti, nel frattempo tornato a essere Lorenzo Cherubini, esplodeva il fenomeno Alberto Tomba e il Milan “olandese”, guidato da Arrigo Sacchi e posseduto da due anni dall’allora rampante imprenditore Silvio Berlusconi, vinceva il suo primo scudetto apprestandosi, così, a iniziare una lunga serie di vittorie internazionali che lo avrebbero fatto diventare un testimone vincente del nostro Paese nel mondo.
Il nostro Paese oggi non ha bisogno di profeti, come veniva chiamato allora il tecnico di Fusignano, ma certamente dal mondo dello sport, che rimane ancora oggi una preziosa vetrina e rappresentazione fedele della nostra società, l’Italia deve prendere quell’idea forte per cui ogni giocatore può portare in dote alla propria squadra un piccolo contributo per la vittoria nella difficile partita che stiamo, in questo caso, giocando per il rilancio della crescita, dello sviluppo e dell’occupazione.
C’è da sperare, quindi, che pure il team governativo guidato da Enrico Letta, anche in questo caso con i buoni auspici del Presidente Berlusconi nel frattempo divenuto leader politico, possa, in maniera sorprendente, riportare il nostro Paese a un ruolo maggiormente centrale nel dibattito europeo e internazionale e, allo stesso tempo, con un’efficace lavoro di squadra, avvii e supporti quei profondi processi di cambiamento e aggiornamento che, come ci ha opportunamente ricordato il governatore Visco, la nostra comunità nazionale necessita.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com