Le operazioni per modificare la riforma delle pensioni hanno subito una battuta d’arresto. Il governo ha stabilito che, attualmente, le priorità sono altre, e alla legge Fornero sarà messa mano dopo l’estate. Si fa sempre più largo l’idea di introdurre un meccanismo di flessibilità basato sui criteri presenti nella proposta dell’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano. Essa prevede che si possa andare in pensione entro una forbice compresa tra i 62 e i 70 anni. Per ogni anno d’anticipo rispetto all’attuale età pensionabile (66 anni) l’assegno viene ridotto del 2%, per ogni anno di ritardo viene maggiorato del medesimo importo. Nel frattempo, si è creato un fronte trasversale, in Parlamento, per aggirare le sentenze della Corte costituzionale sul prelievo sulle pensioni superiori ai 90mila euro. I pronunciamenti affermavano che, siccome la Costituzione prevede che si venga tassati in base alla capacità reddituale e non alla categoria d’appartenenza, il maxiprelievo sarebbe risultato iniquo. E allora, si stanno domandando deputati e senatori di destra e di sinistra, perché non tassiamo anche i redditi da lavoro eccedenti i 90mila euro? Abbiamo parlato di tutto ciò con Giovanni Centrella, segretario generale della Ugl.
Cosa ne pensa, anzitutto, della posticipazione delle modifiche alla Fornero?
Se il rinvio dipendesse dalla necessità e dalla volontà di prendersi tutto il tempo necessario per realizzare i provvedimenti nel migliore dei modi, non avremmo nulla da eccepire. L’impressione, invece, è che stiano semplicemente procrastinando a oltranza, perché sono incerti sul da farsi. A oggi, non sappiamo ancora quale sarà, sul fronte pensionistico, la base dell’azione di governo. Spero che ci convochino al più presto, onde evitare gli errori del governo Monti, quando la Fornero operava prescindendo dalla nostre osservazioni e il sindacato era stato ridotto al ruolo di notaio: conoscevamo le misure che erano state intraprese a cose fatte. Si è visto quel metodo dove ha portato.
Eppure, sembra che l’atteggiamento del governo Letta nei vostri confronti sia decisamente diverso.
Questo è indubbio. Il ministro Giovannini ascolta le Parti sociali in maniera informale e costantemente, e nell’ambito della riforma del lavoro ci è stata dedicata parecchia attenzione. Resta il fatto che più passa il tempo, più c’è il rischio che le modifiche rappresentino dei meri palliativi.
Rispetto all’ipotesi di introduzione della flessibilità si parla soprattutto della proposta Damiano. Cosa ne pensa?
Se la scelta fosse fatta dal lavoratore su base volontaria, non abbiamo nulla in contrario.
Non teme che le penalizzazioni del 2% sommato a quelle insite nel sistema contributivo possano rendere l’importo della pensione inadeguato a condurre una vita dignitosa?
Il rischio esiste. Sarà necessario che prima di muovere qualunque passo, la commissione Lavoro e i tecnici dei ministri effettuino tutti i calcoli opportuni. E’ indubbio che se già adesso l’assegno è ridotto, con la proposta Damiano lo sarebbe ulteriormente.
Si tratta, in ogni caso di misure che non sono a costo zero. Dove si trovano le risorse?
Spetta a chi governa capire dove reperirle. Quel che è certo, è che ci sono svariati capitoli della spesa pubblica che si possono tagliare, e un’infinità di sprechi che vanno eliminati.
Cosa ne pensa del dibattito sul maxiprelievo sui i redditi da lavoro e pensione eccedenti i 90mila euro?
Credo che sia giusto estendere il prelievo a tutti. Non si capisce perché la misura dovrebbe riguardare esclusivamente una certa categoria. Chi guadagna di più deve pagare di più.
A che punto siamo con gli esodati?
Siamo in stand by. L’unica soluzione accettabile consiste nell’individuare un provvedimento che tuteli in una volta sola tutte le persone che sono state danneggiata dalla fretta con cui è stata varata la riforma delle pensioni. Non è pensabile continuare a procedere escogitando di volta in volta delle formule di salvaguardia a seconda di chi si trova o rischia di trovarsi nella condizione di esodato a breve termine.
(Paolo Nessi)