La riforma delle pensioni sembrava una priorità sociale e, invece, fino alla fine dell’estate resterà tutto in stand by. La legge Fornero, per ora, resta invariata. Resta il fatto che l’ipotesi di correzione che va per la maggiore è quella contenuta nella proposta Damiano: dovrebbe consentire al lavoratore di scegliere quando andare in pensione entro un range compreso tra i 62 e i 70 anni di età. Ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni comporterebbe un 2% in meno sull’assegno, ogni anno di ritardo un 2% in più. Nel frattempo, la Corte costituzionale ha bocciato il prelievo sulle pensioni d’oro, quelle che superano i 90 mila euro lordi l’anno. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Guido Canavesi, docente di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Macerata.
Sulla riforma delle pensioni, il governo continua a procrastinare.
Quel che è certo è che per fare una riforma delle pensioni volta a introdurre meccanismi di flessibilità, occorre un ragionamento approfondito e preciso, per non sovrapporre norme a norme e non creare situazioni di incertezza e confusione. Già adesso l’applicazione della Fornero sta dando problemi non indifferenti, anche dal punto di vista giurisprudenziale, e non agire con cautela rischia di aggravare la situazione.
Cosa ne pensa della proposta Damiano?
Gli incrementi, specie laddove calcolati sulla quota di pensione retributiva, mi lasciano perplesso. I lavoratori che hanno conservato il sistema retributivo, o il sistema retributivo parziale (e non sono pochi), sono già di per sé avvantaggiati. Non mi pare equo garantirgli un ulteriore surplus pensionistico rispetto agli altri.
Quindi?
Vede, il problema è che se si intende introdurre un meccanismo di flessibilità per cui si stabilisce una data di anzianità a partire dal quale il lavoratore può uscire dal sistema pensionistico, e una data massima entro il quale deve uscire, allora occorre una revisione generale dei criteri della legge Fornero. Semplici correttivi determinerebbero una situazione di disordine normativo estremamente complessa. La flessibilità, infatti, come si coordinerebbe con le altre regole? A mio avviso, non è sufficiente sovrapporre nuove misure alla legge vigente. Inoltre, 62 anni di età minima mi pare un po’poco, considerando che il problema di tutta la Comunità europea è quello di ritardare l’uscita dai lavoratori, per non inficiare la sostenibilità del sistema pensionistico.
Come valuta la decisione della Corte costituzionale sulle pensioni d’oro?
La Corte ha rilevato che il prelievo sarebbe stato riferito esclusivamente ai redditi pensionistici; il che è in contrasto con il principio della capacità contributiva (che non si applica a determinate categorie a discapito di altre). La Corte non esclude e, anzi, sembra auspicare un provvedimento in cui sia previsto un contributo di perequazione esteso a tutti i redditi. In una situazione di crisi come questa, in cui l’esigenza di reperire risorse è forte come non mai, chi ha più disponibilità economiche, un qualche contribuito maggiore, in un’ottica di solidarietà, dovrebbe sostenerlo.
Sullo sfondo resta la vicenda degli esodati, attualmente congelata. Come va risolta?
Ci sono persone che si sono ritrovate dall’oggi al domani senza pensione e senza lavoro, nonostante sulla base di ragionevoli aspettative pensavano di essere prossimi all’accesso al regime previdenziale. Improvvisamente si è intervenuti senza alcun regime transitorio, innalzando in maniera repentina i criteri per accedervi. Per una questione di equità, va risolta, quindi, una volta per tutte.
(Paolo Nessi)