Il tema dell’occupazione è costantemente fra le notizie della cronaca sia per il costante aumento della disoccupazione che per la necessità di operare scelte decise per favorire una ripresa economica capace di creare nuove opportunità di lavoro. Proprio per la sensibilità su questo tema abbiamo tutti salutato con entusiasmo il finanziamento europeo per sostenere l’occupazione e il miliardo e mezzo di euro che arriverà al nostro Paese è certamente un contributo importante.



Intorno all’impiego di queste risorse sono state avanzate varie ipotesi che fanno riferimento alla necessità di creare un’efficace rete di servizi al lavoro. L’Italia, da questo punto di vista, si presenta certamente mal messa. La spesa in questo settore è circa un decimo di quella degli stati equiparabili al nostro. Abbiamo un operatore per cinquecento utenti contro un operatore per cinquanta degli altri paesi europei.



È certamente una situazione che non permette di poter avviare un reale programma di politiche attive per la ricollocazione dei disoccupati. In queste condizioni, far partire programmi legati ai nuovi ammortizzatori o quelli previsti dalla Youth Guarantee è certamente difficile se non impossibile. La scelta più facile è quella di usare i fondi per realizzare finalmente una rete di servizi al lavoro efficiente ed efficace.

Le proposte finora avanzate puntano a potenziare però i centri per l’impiego pubblici. Ritengo che una scelta di questo tipo sarebbe scellerata. Data la situazione della nostra spesa pubblica dovremmo porci come regola che nuovi servizi possono essere finanziati solo dai risparmi di spesa, ossia dal risultato di una razionalizzazione dei servizi esistenti, sopprimendo la spesa improduttiva. Usare fondi europei aggiuntivi sarebbe uno spreco e alimenterebbe nuovo indebitamento senza copertura.



Come fare quindi? Bisogna partire dal vincolo che questi fondi vadano direttamente a sostegno di chi ne ha bisogno e che se vogliamo che producano inserimenti lavorativi vadano a finanziare persone che, dopo un’eventuale formazione finalizzata, siano assunte in un nuovo posto di lavoro o siano giovani che a fine percorso formativo abbiano un periodo di stage o tirocinio in azienda. Per fare ciò servono certamente servizi al lavoro che se ne occupino.

Oggi in Italia abbiamo una rete fatta dai servizi pubblici per l’impiego, le Agenzie per il lavoro autorizzate e gli operatori accreditati su base regionale (nelle poche regioni che hanno creato tale opportunità). Si metta in moto questa rete di servizi pubblici e privati favorendo una loro collaborazione territoriale perché facciano rete. Una rete collaborativa, dove ognuno possa dare il meglio di sé misurando e valutando i risultati sulla base della capacità effettiva di trovare nuove collocazioni lavorative. Una nuova capacità di elaborare percorsi di inserimento lavorativo dove pubblico e privato sviluppano le proprie competenze senza ruoli gerarchici ma per funzioni. I servizi saranno coperti da voucher, doti o finanziamenti per le politiche attive che saranno assegnati per ogni risultato conseguito e non dati alle agenzie pubbliche per il proprio mantenimento.

Per questo sono prioritarie due decisioni nazionali essenziali: una rete dati che permetta a tutti gli operatori di lavorare avendo una comune conoscenza dei target occupazionali su cui agire; un’agenzia nazionale che, gestendo le risorse attive e passive, promuova progetti, best practices e proceda a una valutazione dei risultati raggiunti da ogni operatore. L’applicazione di costi standard assicurerà procedure snelle, certezza sui compensi e metterà fine a finanziamenti a pioggia improduttivi. Senza il coraggio di un cambiamento nei servizi al lavoro rischiamo di disperdere tutte le nostre possibilità economiche in strutture obsolete e inutili.

Per concludere un esempio di applicazione per una situazione che si verificherà a breve. Per l’Expo 2015 basterebbe fissare mediante contrattazione locale che tutti coloro che saranno assunti con contratti a termine legati all’evento dovranno essere selezionati dalla rete delle Agenzie per il lavoro accreditate (assicurando così trasparenza contrattuale) e che le stesse agenzie si faranno carico della ricollocazione successiva attraverso una dote specifica. Il tutto in collaborazione con il centro per l’impiego locale. Come sempre una semplicità che trova difficoltà a realizzarsi, ma che risponderebbe ai bisogni delle persone e non alle esigenze delle burocrazie.