Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, fa una pensata, a suo modo “geniale” al contrario e, ovviamente, storica. Con il presunto piglio di un Walpole o di un Pitt (sia il giovane che il vecchio) propone ben nove soluzioni per superare lo “scoglio” dell’Imu. Si pronuncia soprattutto contro quella che è alla base dell’accordo di governo delle “larghe intese” o della cosiddetta “strana maggioranza”. Così, se si doveva dare un’altra picconata alla stabilità politica, alla vigilia di un autunno problematico, Saccomanni arriva con la puntualità di un treno svizzero. Per fortuna che si va in vacanza con il Ferragosto alle porte e che il presidente del Consiglio, il giovane Enrico Letta, mastica politica come forse pochi altri suoi colleghi parlamentari. È possibile, infatti, che, realisticamente, Letta imposti una sua dichiarazione guardando al quadro “saccomaniano” per scompaginarlo un poco. Dice Letta dopo le polemiche che agitano il governo per le dichiarazioni del suo ministro: “Siamo abituati a essere una nave che naviga tra tempeste e marosi, ma la nave sta dimostrando di essere più solida di quello che i nostri detrattori pensano”.
Le puntualizzazioni di Letta sono anche più ampie: “I segnali di crescita e ripresa ci sono, ma c’è anche un clima sociale faticoso e pieno di difficoltà: è questo il rischio più grande per l’autunno”. E aggiunge ancora il presidente del Consiglio: “Sappiamo benissimo che questa ripresa rischia di essere una ripresa di crescita senza lavoro. Questo è il grosso rischio che c’è, ma noi vogliamo lavorare perché non sia anemica. È necessario legare la crescita al lavoro”.
Abbandoniamo questa lunga premessa, purtroppo necessaria, di “notiziario quotidiano sullo stato del governo”, per non togliere spazio a un grande economista (anche se ha competenze e conoscenze molto più ampie e più vaste) come Giulio Sapelli, uno dei pochi che sembra amare la verità sulla reale situazione politica, sociale ed economica del Paese. Spiega Sapelli: «È probabile che Enrico Letta abbia fatto questa dichiarazione per compensare le sortite e le ipotesi di Saccomanni. Nove ipotesi, una rarità nella storia del pensiero politico».
Fatte queste considerazioni, veniamo al “nocciolo della questione”. C’è la ripresa? Ci sono segnali credibili?
Ne abbiamo già parlato alcuni giorni fa e non cambio idea. C’è qualche segnale, ma sostanzialmente si tratta di un “rimbalzino”, che difficilmente può creare nuovi posti di lavoro. Si spinge sulle esportazioni, e va bene, ma non si riesce a risollevare la domanda interna, quella che garantirebbe un incremento dell’occupazione. Si cerca una intensificazione delle tecnologie. Tutto questo non porta a un recupero sui livelli di disoccupazione.
L’immagine che esce da queste considerazioni è quella di un autunno problematico da un punto di vista sociale. Si potrebbe parlare di un “autunno caldo”.
Temo che questo non ci sarà, intendendo per “autunno caldo” una grande mobilitazione sociale, con alla testa i sindacati. Questo è avvenuto in passato e avviene sempre quando si è in una fase di pre-espansione. Non è questo il caso. Temo invece una cosa peggiore.
Che cosa esattamente?
Temo la cosiddetta microconflittualità. Uno spezzettamento a livello sociale della protesta. Lo abbiamo già visto: l’operaio che fa un’azione di protesta esemplare, scalando una gru e facendo lo sciopero della fame; un piccolo gruppo che scatena proteste clamorose. Insomma, una microconflittualità che arriva a negare la rappresentanza sindacale, che urla la sua protesta solitaria e porta inevitabilmente ad altre disgregazioni di carattere sociale.
L’analisi e le previsioni portano a un clima che può apparire allarmante. Che rimedi si possono mettere in campo? Come si può ovviare o affrontare una situazione del genere?
Dico da tempo che ho avuto piacere del riavvicinamento che si è attuato in questi mesi tra i sindacati. Nella generale crisi di rappresentanza che si vive nel nostro Paese, i sindacati hanno ancora una rappresentanza credibile e ora possono svolgere un ruolo importante in questa conflittualità sociale.
Che cosa dovrebbero fare?
Fare una sforzo di fantasia e di immaginazione. Creare loro delle grandi mobilitazioni unitarie e dirigerle, evitando in questo modo una pericolosa microconflittualità. Perché, ad esempio, non creare una grande mobilitazione dei pensionati italiani? Delle grandi manifestazioni? Oppure studiare e suggerire altre forme contrattuali, così come è stato fatto per alcune categorie. È un ruolo importante quello che possono svolgere in questo momento i sindacati. Al momento, di fronte, ai segnali tenui di una ripresa senza lavoro, è difficile vedere altro per evitare una ancora più pericolosa disgregazione sociale.
(Gianluigi Da Rold)