Dopo la sentenza della Corte di Cassazione sul caso Mediaset, la politica è arenata sull’uscita di scena di Silvio Berlusconi. Tra Pdl e Pd ormai è muro contro muro. Ieri il vicepremier Angelino Alfano ha lanciato un nuovo appello agli “alleati”, affinché non affrontino la questione in modo pregiudiziale. Il Premier Letta ha incontrato il Presidente della Repubblica. In buona sostanza, l’esecutivo è ancora bloccato dalla molta incertezza. «Il governo deve continuare la sua opera – esordisce Raffele Bonanni, Segretario generale della Cisl, in questa intervista a ilsussidiario.net. Non c’è nessun tema che appartenga a un singolo o a un partito intero, sia di centrodestra, sia di centrosinistra o di centro, o di altri schieramenti, che abbia più importanza dei problemi che fanno soffrire il Paese intero. E mi meraviglio del dibattito in corso che coinvolge pressoché tutte le forze politiche: è come se non conoscessero la situazione di grave rischio che abbiamo di fronte che riguarda non solo l’esistenza, ma l’efficacia dell’azione di governo».
A proposito dell’azione di governo, su queste pagine il Ministro Giovannini ha auspicato che le Parti Sociali possano nel breve termine trovare un’intesa sia in relazione al modello “contratto Expo”, sia al problema della rappresentanza dopo la sentenza della Consulta circa la querelle Fiom-Fiat, lasciando intendere che in caso diverso potrebbe intervenire il Governo su entrambi i fronti…
Il responso della Consulta, pur con la sua credibilità, cambia opinione per ben tre volte sullo stesso argomento; ma alla fine dice quali sono i requisiti che ciascuno deve avere in materia di rappresentanza e mi pare che non ci possano essere problemi alla luce dell’accordo interconfederale che abbiamo siglato l’anno scorso. E magari, se serve ulteriormente, le Parti potranno precisare alcuni elementi fra loro in modo da muoversi nell’autonomia di una contrattazione libera, e in modo da riconoscersi costantemente nella dinamica positiva delle relazioni industriali. Sono in disaccordo con chi insiste sulla legge, come fa Fiat, perché questo creerebbe problemi a quell’autonomia di cui parlavo e rafforzerebbe la tendenza del legislatore a intervenire ogni qualvolta c’è un caso, pur in mezzo a un milione di casi.
E per quanto riguarda il modello “Expo”?
Su questo abbiamo fatto parecchi accordi in Lombardia e a Milano. L’intesa la troveremo solo sulla vicenda Expo, ma spero che il Ministro si sottragga dalla spinta che taluni portano avanti di strumentalizzare l’Expo a far altro. Non che la vicenda del mercato del lavoro non abbia bisogno di migliori e più efficienti regolazioni, sebbene la volontà del governo sia quella di spingere e incentivare le Parti a farlo autonomamente. Ogni governo che abbiamo avuto ha voluto mettere le mani sul mercato del lavoro e col ciclo politico successivo si è sempre registrata l’esigenza di cambiarle perché ritenute sbagliate. È venuto il momento di finirla con tale stupida tessitura di questa tela di Penelope che risente non delle necessità del lavoro, ma delle necessità politiche che i vari schieramenti vogliono proporre all’inizio di ogni legislatura. Quindi, comunque, dovranno essere le Parti a darsi da fare e a trovare le migliori regolazioni; il governo e la politica dovranno incentivarle e approvarle.
Sia sul versante “esodati” che esuberi della Pa circolano numeri in modo un po’ incontrollato. Come pensa possano essere risolti questi problemi quando è evidente la difficoltà a coglierne le dimensioni?
Siamo preoccupati per questo balletto di numeri; per noi è importante discutere a mani sul tavolo e con un criterio oggettivo che si può trovare solamente dandosi criteri di trasparenza e affrontando seriamente problemi così delicati in una visione di insieme. Per quanto riguarda gli esuberi della Pa, a settembre abbiamo degli incontri per fare il punto a tutto tondo sulla questione, sugli assetti, in modo tale da calcolare eventuali esuberi ed eventuali e necessari coinvolgimenti al lavoro e garanzie per loro dei precari. Lo stesso vale per gli esodati, vicenda che rischia di diventare il buco della cittadinanza se non dovessimo rimettere mano alla riforma delle pensioni dando alle persone la possibilità di anticipare o posticipare liberamente la propria presenza al lavoro. Ancora di più questo discorso vale in una situazione di grave penuria del lavoro e di recessione conclamata del nostro Paese.
Il Sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, ha recentemente dichiarato che nella legge di stabilità andranno prese “decisioni strutturali” in materia fiscale, stabilendo se intervenire sull’Iva – evitandone lo scatto – o magari sulla fiscalità sul lavoro. Non le pare che una cosa non escluda l’altra?
Mi pare un modo corretto per porre le questioni. È indubbio che resta da fare esattamente ciò che gli abbiamo chiesto; devo dire che abbiamo ricevuto anche un interesse da parte sua di aprire una discussione chiara e forte sulla vicenda fiscale, che deve diventare la questione centrale dell’azione di governo, data l’importanza che essa ha a livello sociale ed economico del Paese. Con il persistere di una tassazione così alta su famiglie e imprese, continueremo ad avere bassi consumi e flessioni di produzione, oltre all’incapacità di sollecitare investimenti internazionali nel Paese. Voglio ricordare che l’anno scorso abbiamo attirato appena 12 miliardi di dollari rispetto ai 60 del Regno Unito; la stessa Svizzera ha ottenuto notevoli investimenti internazionali.
Quali sono state le vostre richieste al Governo?
Una situazione del genere richiede di ridare soldi alle famiglie e di abbassare fortemente le tasse per chi investe o chi re-investe i propri guadagni. Vorremmo soluzioni shock, non brodini o piccoli interventi, perché solo questo permetterebbe politiche virtuose; diversamente affogheremo dentro questa insipienza che da anni le classi dirigenti producono su materie simili. Per quanto riguarda il capitolo degli investimenti e dei capitali esteri, chi investe vuole avere certezze. Bisogna che ci siano delle regole che la politica non riesce a dare, ma ciò significa che la politica ha perso il senso della sua missione.
Nel suo videomessaggio al Meeting 2013, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha parlato delle organizzazioni sindacali come attori importanti per la tanto auspicata rinascita culturale di cui questo Paese ha bisogno, aggiungendo anche che “il contributo che viene dai più alti livelli dalla Chiesa cattolica è un contributo che soltanto dei ciechi possono non vedere”. Cosa ne pensa da leader del sindacato cattolico?
Ho stimato dal primo giorno il Presidente Napolitano che dimostra come la politica possa essere guida di una comunità anche quando è attraversata da problemi serissimi come quelli che stiamo vivendo, in questo è un esempio. Gli sono proprio grato per aver riconosciuto la funzione delle organizzazioni che si rifanno alla Dottrina sociale della Chiesa, dal sindacato, al volontariato, alle altre associazioni di impresa, associazioni varie di scopo, che sono un tessuto per la promozione sussidiaria tanto necessaria per un Paese che è vincolato tra il disordine anarchico “dell’ognuno fa quel che vuole” al dirigismo più bieco. Sono davvero molto contento delle valutazioni del presidente Napolitano che essendo consapevole dell’importanza del pluralismo sociale del Paese, credo abbia voluto sottolineare questa importante esperienza che insieme ad altre può essere la premessa per un cambiamento fortissimo, non perché arriva qualcuno a risolverci i problemi, ma perché ciascuno decide finalmente di cambiare modo di ragionare e modo di agire. E questa è proprio la cultura sobria di movimenti e organizzazioni che si rifanno alla Dottrina sociale della Chiesa.
(Giuseppe Sabella)
In collaborazione con www.think-in.it