“Con questo provvedimento diciamo mai più contratti a termine che non siano eccezionali o temporali, l’uso al ricorso del precariato nella pubblica amministrazione è diventata una scorciatoia. Il contratto tipico prevalente nella PA sarà quello a tempo indeterminato”. Lo ha affermato il ministro Giampiero D’Alia presentando ieri il pacchetto sulla pubblica amministrazione appena approvato dal governo. Il decreto fornisce gli strumenti per stabilizzare 35mila precari della sanità e assumere 1.000 vigili del fuoco. Per Francesco Forte, professore di Economia industriale all’Università Mediterranea, da “questo pacchetto resta però escluso il concetto di merito, che è l’unico criterio valido per stabilire chi ha diritto a essere assunto. Occorreva quindi intervenire nel solco della riforma Brunetta, anziché cercare di accontentare la Cgil”.
Il premier Letta ha parlato di “evitare le scorciatoie che permettevano di eludere il concorso per entrare nell’impiego pubblico. Ci sarà una selezione per stabilizzare i precari”. Condivide questo principio?
Il presupposto di questa affermazione è che il lavoratore pubblico debba per forza di cose avere diritto al posto fisso. La pubblica amministrazione deve però essere dotata sia di personale assunto a tempo indeterminato, sia di personale assunto a termine a seconda delle esigenze. Non è in sé sbagliato fare dei contratti flessibili. Ciascuna persona ha diritto a un riconoscimento a seconda del suo merito, e per determinate categorie di dipendenti una soluzione di lavoro “parziale” può essere necessaria o anche desiderabile. Non vedo quindi in che cosa consista l’innovazione del pacchetto sulla pubblica amministrazione.
Non condivide l’urgenza di dare una soluzione al problema del precariato?
L’obiettivo non deve essere abolire il precariato, ma cercare l’efficienza nel pubblico impiego secondo criteri di merito. L’impostazione di questo pacchetto sembra essere fatta apposta per accontentare la Cgil. In determinati periodi dell’anno e in particolari uffici, il pubblico impiego ha bisogno di personale part-time o stagionale, magari non completamente integrato ma in grado comunque di svolgere il suo lavoro. Se per esempio occorre un docente di una lingua particolare, che non può essere impiegato per la durata di tutto l’anno, lo si assume a tempo parziale con un contratto professionale.
In che modo ritiene che vada ripensata la pubblica amministrazione?
La pubblica amministrazione va concepita come un’azienda e non farlo è un passo indietro. Il pacchetto del governo è quindi finalizzato soltanto a dare soddisfazione ai sindacati che vogliono sistemare il maggior numero di persone possibili. E’ insomma l’Italia tradizionale, anche se poi per non mostrare che è un’altra operazione vecchia maniera si inventano delle presentazioni di nuovo genere.
Quindi è convinto che le vere priorità fossero altre?
Sì. Ciò di cui c’era bisogno era di un intervento per ricorrere a drastiche e importanti riorganizzazioni. Era inoltre necessario monitorare l’assenteismo nella pubblica amministrazione, come aveva iniziato a fare Brunetta, nonché promuovere le persone sulla base del merito, cioè a partire da criteri oggettivi come le qualificazioni, i corsi di formazione seguiti e i risultati ottenuti. I dipendenti pubblici andavano inoltre trasferiti dalle sedi nelle quali erano sovrabbondanti a quelle dove sono scarsi. Invece però di queste importanti misure di carattere generale, ci si diletta con delle piccole operazioni dimostrative, attuate tra l’altro con criteri poco chiari.
Che cosa ne pensa invece del provvedimento per ridurre le auto blu del 20%?
Mi domando in che modo si intendano ridurre le auto blu. Una soluzione potrebbe essere quella di ricorrere a veicoli forniti a noleggio da agenzie private. Si tratta comunque di questioni minori rispetto a quelle che il governo dovrebbe affrontare. Mi riferisco per esempio agli sprechi di authority, Regioni ed enti locali, ma anche alle imprese che se ne vanno all’estero, ai dubbi sul redditometro, all’alta velocità che va a rilento, ai fondi Ue che rischiano di rimanere inutilizzati. Per non parlare delle difficoltà di imprese pubbliche come Finmeccanica e della necessità di un rilancio di Alitalia.
(Pietro Vernizzi)