L’Istat ci ricorda amaramente come, nella media del trimestre aprile-giugno, l’indice della produzione industriale abbia registrato nel nostro Paese una flessione dello 0,9% rispetto al trimestre precedente. Ampliando l’analisi alla media del primo semestre dell’anno la produzione è, inoltre, diminuita di ben quattro punti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.



Contemporaneamente l’istituto sottolinea come le ore di Cig concesse siano state, nell’ultimo mese, pari a 80,6 milioni (tra interventi ordinari, straordinari e in deroga), il 30,3% in meno rispetto ai 115,7 milioni di ore utilizzate nel luglio dello scorso anno. A questo dato si deve, tuttavia, legare l’aumento delle domande di mobilità e di disoccupazione. Complessivamente, infatti, nei primi sei mesi 2013 sono state presentate 829.682 domande, con un aumento del 20% rispetto alle 691.617 del corrispondente periodo del 2012.



In questo quadro si evidenzia come il DL 76 del giugno 2013 in materia di interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, e della coesione sociale (più comunemente chiamato “Pacchetto Lavoro” o “Decreto Lavoro”) sia attualmente al vaglio del Parlamento per la conversione (in tempi necessariamente brevissimi) in legge. Il via libera del Senato vi è già stato e ha comportato anche l’approvazione di alcune modifiche al testo iniziale. Si pensi, nello specifico, agli interventi in materia di contratti “acausali” e in quella, particolarmente delicata anche a causa delle competenze regionali, dei tirocini formativi.



Sebbene, quindi, come ormai ben noto, i posti di lavoro non si creino per decreto, il governo e la strana maggioranza delle larghe intese prova, con questo provvedimento, a fornire nuovi o rinnovati strumenti per imprese e lavoratori, anche al fine di ricostruire un clima di fiducia, nella prospettiva di un’auspicata e auspicabile ripresa dell’economia.

Tuttavia, anche in questa versione, rimane fuori dal testo la possibilità, immaginata nelle prime bozze circolate, di prevedere interventi straordinari e specifiche misure sperimentali di “buona” flessibilità “negoziata” con le Parti sociali pensate, in particolare, per le opportunità legate alla realizzazione dell’Expo 2015 di Milano. La decisione del governo è stata, infatti, quella di non intervenire favorendo e incentivando un accordo tra i rappresentanti dei lavoratori e delle imprese: in questa direzione si muove, ad esempio, l’intesa di fine luglio che interessa Expo Spa.

La sensazione, tuttavia, è che, visto anche il difficile quadro economico e sociale del nostro Paese, si dovesse puntare con maggiore decisione sulla valorizzazione dell’esposizione internazionale di Milano 2015 che dovrà rappresentare, necessariamente, una vetrina importante per l’Italia nel mondo e alla quale, auspicabilmente, il nostro Paese dovrà arrivare avendo superato la difficile crisi di questi ultimi anni.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com