«La competitività industriale del nostro Paese va rilanciata attraverso la contrattazione aziendale, legando quote importanti di salario alla crescita della produttività». Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil, oggi europarlamentare del Pd, apre alla contrattazione aziendale per rispondere alla polemica di Sergio Marchionne (che ieri ha incontrato il Premier Enrico Letta), secondo cui investire in Italia oggi sarebbe impossibile. «L’ad Fiat ha un’idea delle relazioni industriali che non appartiene alla cultura dei rapporti tra le parti maturata in Italia nel corso di tanti decenni – sottolinea Cofferati -. Ha quindi più volte ipotizzato soluzioni, sia per quanto riguarda i rapporti con i sindacati, sia per quanto riguarda il merito, che sono fuori dal sistema legislativo italiano».
Letta ieri ha detto a Marchionne che il Governo intende dimostrare che è possibile fare industria in Italia. Lei cosa pensa di quanto detto dall’Amministratore delegato di Fiat che qualche giorno fa si era invece espresso in termini opposti?
In Italia ci sono numerose imprese che attraversano momenti di difficoltà affrontandoli con gli strumenti propri dell’impresa e con l’aiuto del Governo per quanto riguarda gli accessi agli ammortizzatori e ai finanziamenti. Sono la riprova del fatto che in Italia si può fare impresa. La verità è che Marchionne pensa a un sistema che sia legato alle sue esigenze, e non alla struttura industriale propria del nostro Paese. Ha più volte ipotizzato soluzioni, sia per quanto riguarda i rapporti con i sindacati, sia per quanto riguarda il merito, che sono fuori dal sistema legislativo italiano, oltre che da quello contrattuale.
Ritiene che la rappresentanza sindacale in fabbrica vada ripensata dopo la sentenza della Corte costituzionale riguardante l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori?
La sentenza della Corte costituzionale pone fine ai dubbi e alle discussioni di molti. Lo ritengo un punto fermo importante intorno a cui si può ricostruire un sistema di relazioni industriali che non escluda nessuno.
Marchionne però sulla rappresentanza sindacale si era limitato ad applicare l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori…
Sì, ma Marchionne era andato oltre e le ragioni sono quelle che le spiegavo prima. L’ad della Fiat ha un’idea delle relazioni che non appartiene alla cultura dei rapporti tra le parti maturata in Italia nel corso di tanti decenni. Il problema di Marchionne è che non sopporta quanti hanno un’opinione diversa dalla sua.
Come si può aumentare la competitività in Italia?
Sia il sindacato confederale che le sue maggiori categorie sono sempre stati disponibili a trovare soluzioni per fare crescere la produttività, legando anche quote importanti di salario alla crescita della produttività stessa. Non c’è né una contrarietà ideologica, né la mancanza di un’abitudine ad affrontare il tema.
Le diverse Parti sociali quindi possono collaborare?
Sì, bisogna abituarsi ad avere rispetto reciproco tra impresa e rappresentanza dei lavoratori. La produttività ha inoltre bisogno di modelli che siano definiti e adeguati alla struttura produttiva di ogni singolo luogo. Di volta in volta nella contrattazione aziendale vanno quindi trovate le soluzioni del caso. È tutt’altro che impossibile, è stato fatto in moltissimi casi con un ottimo ritorno sia per le imprese che per i lavoratori.
Quale contributo possono offrire i sindacati per fare uscire l’Italia dalla crisi?
Stimolare le imprese e il governo. Il governo non ha una politica per la crescita e i sindacati devono pretenderla. Senza crescita non solo aumentano la disoccupazione e la povertà, ma anche le difficoltà delle piccole imprese.
Intanto la Fiom ha firmato un accordo con Confapi relativo ai metalmeccanici delle piccole e medie imprese, mentre Fim-Cisl e Uilm-Uil no…
Questo accordo è un passo importante nel panorama delle relazioni sindacali, che peraltro non chiamerei accordo separato, perché è stato firmato da un’organizzazione, ma diventerà valido se approvato dalla maggioranza dei lavoratori. Non ha la configurazione classica dell’accordo separato, perché la parola finale spetta a tutti i dipendenti e non solo a una parte. Trovo inoltre incomprensibili le ragioni per cui Fim e Uilm non lo hanno firmato.
Per quali motivi?
Non capisco che cosa le abbia portate a non condividere quella soluzione, anche perché dal punto di vista sia della forma che della sostanza è avanti di molti passi rispetto agli ultimi accordi contrattuali con Federmeccanica.
(Pietro Vernizzi)