Nel 1907, grazie in particolare all’iniziativa del professor Giuseppe Toniolo, uno dei più importanti economisti e sociologi italiani proclamato beato nel 2012, si svolge a Pistoia la prima edizione delle settimane sociali dei cattolici italiani. Negli oltre cento anni di vita di questa iniziativa sono stati affrontati e discussi, in periodici incontri, alcuni temi cruciali per la società italiana quali il lavoro, la scuola, la condizione della donna e la famiglia.
Domani, in particolare, inizia a Torino la 47esima edizione delle settimane sociali che mette al centro della sua riflessione il tema della famiglia come speranza e futuro per la società italiana. Nel documento preparatorio elaborato dal comitato scientifico di questo importante appuntamento per la Chiesa italiana si sottolinea, tra le varie tematiche, il ruolo cruciale della famiglia nell’accompagnare i giovani nel mondo del lavoro. In questa prospettiva vi è, infatti, la piena coscienza di come la questione dell’occupazione giovanile rappresenti per il nostro sistema-Paese, e per l’Europa tutta, la principale sfida da giocare nei prossimi anni.
La riflessione e l’elaborazione che rappresenta lo spunto per l’avvio del dibattito si sofferma, quindi, in particolare su due aspetti: la lettura del lavoro non come un semplice “fare” e la realtà dell’impresa economica come, prima di tutto, una comunità di persone.
Con riferimento al primo tema si sottolinea come la dimensione soggettiva del lavoro renda ogni lavoro dignitoso perché espressione della persona che, anche col suo “fare”, risponde con la sua libertà alle circostanze della vita. Nella radice stessa del fare, infatti, si evidenzia, non è implicita una mera esecuzione, ma una capacità inventiva e creativa.
Sebbene quindi non sia ragionevole aspettarsi che la crescita e il rilancio del nostro Paese possa miracolosamente ripartire da qualche strano meccanismo economico o politico, bisogna fare di tutto affinché le politiche per il lavoro e lo sviluppo siano le migliori possibili. Cattive regole e cattive politiche possono, infatti, certamente mettere in difficoltà la creatività libera e responsabile delle persone che lavorano e intraprendono.
In particolare, con riferimento alla disoccupazione, inoccupazione e precarietà giovanile bisogna operare, sempre secondo il documento delle settimane sociali, perché questa non sia vissuta in isolamento, con la probabile conseguenza di soffocare la legittima domanda di poter lavorare per il bene proprio e degli altri, evitando che si trasformi così in muta rassegnazione o scomposta indignazione. C’è bisogno per questo, si sostiene, di salvaguardare e supportare la fondamentale funzione educativa delle famiglie.
Occorrono, inoltre, perché ciò sia possibile, tanti “maestri” del lavoro quotidiano, anche nelle forme più semplici, e di imprenditorialità, nonché la declinazione di adeguati e innovativi percorsi formativi che sappiano accompagnare efficacemente i tentativi di intraprendenza giovanile.
Solo, infatti, dalla buona o cattiva educazione della gioventù dipende un buon o triste avvenire della società ci ammoniva, oltre un secolo fa, Don Bosco. C’è da sperare che gli uomini di buona volontà che si incontrano, proprio in questi giorni, nella sua Torino non abbiano dimenticato questo prezioso insegnamento.
In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com