Sembrava che gran parte delle forze politiche si fossero convinte della dannosità della legge Fornero, specialmente sul fronte del repentino innalzamento dell’età pensionabile. Per questo, ormai da mesi, si stava parlando dell’ipotesi di introdurre un meccanismo di flessibilità che consentisse di andare in pensione in una forbice compresa tra i 62 e i 70 anni, con incentivi o penalizzazioni a seconda che si vada dopo o prima dei 66, il limite minimo attualmente fissato. Ora, invece, si apprende che da gennaio ci sarà una stretta su alcune categorie, la cui età minima sarà rivista al rialzo: ballerini (si passa dai 45 a 46 anni), attori (dai 63 ai 64) e marittimi (servono 20 anni di navigazione e si passa dai 55 ai 56 anni di età). E ancora: sportivi, poligrafici e cantanti. Difficile cogliere il senso dell’operazione. Resta il fatto che qualunque discussione potrebbe risultare velleitaria, dato che se ci sarà una crisi di governo, ogni intervento resterà congelato fino a data da destinarsi. E ce ne sono alcuni davvero urgenti. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con l’esperto di previdenza Alberto Brambilla.
Cosa ne pensa di questi innalzamenti?
Non vedo perché queste categorie non possano andare in pensione all’età di tutti i lavoratori di questa terra.
Perché il loro è considerato un lavoro usurante o nel quale la continuità contributiva è difficilmente garantita..
Perché quello di un operaio non è usurante? E perché un muratore, dovrebbe andare in pensione a 66 anni e un ballerino a 46? Guardi, quando nel 2005 tentammo di fare un censimento, scoprimmo che non esisteva una sola categoria che non si sentiva usurante: dagli autoferrotranvieri, ai cassieri delle banche.
Certi mestieri, oltre una certa età, non si possono svolgere.
E’ evidente. E, infatti, il ballerino raggiunta una certa età può andare a insegnare danza, lavorare nella segreteria della sua palestra e via dicendo. Avevamo proposto, per esempio, quando abbiamo innalzato l’età di pensionamento per i poliziotti, di consentire loro, oltre una certa età, di cambiare mansioni. Ha senso mandare sulla strada un giovane. L’agente più anziano, che magari ha più di 50 anni, che stia in ufficio, magari a gestire le indagini.
E invece?
E invece, mentre nel resto del mondo succede così, da noi ci sono agenti ultracinquantenni mandati di pattuglia, e giovani che stanno in ufficio. Quello dei poliziotti è un esempio che la dice lunga sul problema generale: sarebbe opportuno un sistema che consentisse al lavoratore anziano, raggiunta una cerza età, di cambiare mansioni e assumere compiti meno impegnativi e stancanti, magari a fronte di una retribuzione minore. Purtroppo, in Italia, su questo fronte, siamo ancora all’ABC. E ci siamo perchè abbiamo più di 1500 pagine di legge sul mercato del lavoro, e il più alto contenzioso legale in materia. Personalmente, le posso assicurare che le mie ripetute richieste di produrre un testo unico non hanno mai trovato risposta da alcun ministro.
In tema previdenziale, cosa succede se cade il governo?
Beh speriamo che non cada. Molte misure da assumere urgentemente resterebbero lettera morta. Mi riferisco anzitutto ai provvedimenti che dovranno risolvere definitivamente la vicenda degli esodati. Inoltre, c’è da rifinanziare la cassa integrazione in deroga e da rivedere parte del sistema pensionistico.
In che senso?
La doppia indicizzazione anzianità contributiva-età anagrafica ce l’abbiamo solo in Italia e produrrà enormi problemi. Credo, infine, che sarà necessario mettere in cantiere il potenziamento della previdenza complementare.
(Paolo Nessi)