La riforma della pensioni varata per decreto legge dal governo Monti ha prodotto per milioni di lavoratori, pensionati o pensionandi, numerose incognite che, per molti, si sono trasformate in drammi. Il governo ha affermato in più riprese l’intenzione di farsi carico delle ingiustizie sociali che la riforma ha generato e di risolverle. Tuttavia il destino dell’esecutivo rimane incerto. Gli esodati, e la riforma della Fornero (si era parlato di introdurre un meccanismo di flessibilità che consentisse di andare in pensione tra i 62 anni e i 70, sulla base di disincentivi e incentivi a seconda che si vada prima o dopo i 65) sembrano argomenti passati in secondo piano. Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle Politiche fiscali e previdenziali, spiega come valuta le attuali circostanze.
Che idea si è fatto? Il governo sta lavorando per modificare i punti più controversi della disciplina previdenziale, o pensa a come sopravvivere?
E’ evidente che prevale tuttora una generale preoccupazione sulle sorti del governo. Ci limitiamo, in ogni caso, a registrare che questo esecutivo si era preso l’impegno di aprire un tavolo, a settembre, per sistemare tutti quei nodi che erano stati determinati dalla riforma Fornero, ma non solo.
Quali, in particolare?
Anzitutto, occorre reintrodurre una forma di flessibilità in uscita. Preservando l’idea della forbice tra i 62 e i 70 anni, ma abbandonando quella della penalizzazione per chi va prima dei 66 anni. Il sistema contributivo attualmente vigente, infatti, già di per sé prevede al suo interno delle penalizzazioni; è necessario rimuovere – almeno per le pensioni fino a 4-5 volte il minimo – il blocco della rivalutazione al tasso di inflazione, e non rinnovarlo quando scadrà a fine anno; resta in ballo, ovviamente, la vicenda degli esodati, risolta parzialmente sul finire della scorsa legislatura, ma ancora da definire (fortunatamente, nel breve periodo non dovrebbero esserci altri esodati).
Se dovesse cadere il governo, quali emergenze si determinerebbero?
Una, in particolare, che avrebbe ripercussioni negative su tutte le questioni sin qui menzionate. Ovvero, l’Italia persisterebbe in questo stato di recessione. Non si tornerà a crescere e, di conseguenza, le aziende non potranno creare nuova occupazione. Questo impedirà di salvaguardare ulteriori esodati, di introdurre la flessibilità o di rimuovere il blocco all’indicizzazione delle pensioni.
Voi cosa proponete?
Abbiamo suggerito di abbassare le tasse ai lavoratori e ai pensionati attraverso i proventi della lotta all’evasione fiscale, in modo che possano tornare e consumare e a sostenere la domanda interna apportando un beneficio a tutto il sistema economico.
Non crede che un governo elettorale possa condurre a termine un’operazione del genere?
Il governo, per affrontare questi nodi, deve indicare una strada precisa e deve farlo con convinzione. Non è sufficiente un governo che galleggi. Né tantomeno un governo elettorale, per sua stessa natura finalizzato esclusivamente al disbrigo degli affari correnti e alla gestione dell’ordinaria amministrazione.
(Paolo Nessi)