I lavoratori dell’Alcoa sono tornati di nuovo in strada per chiedere (e poi ottenere) un incontro al Presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, durante il quale questo possa offrire alcune risposte concrete sul destino dello stabilimento di Portovesme. I sindacati, infatti, hanno domandato con forza che la giunta regionale si muova affinché arrivino urgentemente i primi soldi per la cassa integrazione in modo da dare ossigeno alle centinaia di famiglie in difficoltà a causa della crisi vissuta dallo stabilimento Alcoa, e del relativo indotto, che va a colpire un tessuto produttivo e sociale già, complessivamente, debole come l’area del Sulcis.



Le rappresentanze sindacali interrogano, quindi, la politica per cercare di comprendere se la produzione di alluminio in Sardegna avrà un futuro oppure no. Si cerca di capire, inoltre, se l’impianto di Portovesme sia oggetto di trattative e quale sia, eventualmente, lo stato dell’arte.

Si può dire, senz’altro, che le vicende dell’Alcoa in terra sarda sono la rappresentanza plastica del nostro Paese, chiamato in questi mesi a prendere decisioni, non più rinviabili, sul proprio modello industriale e sulle prospettive di sviluppo di alcuni settori chiave e strategici per quando, prima o poi, la crisi globale di questi anni lascerà il posto a meno timidi segnali di ripresa e di crescita.



Colpisce, in particolare, come queste vicende tornino di stringente attualità dopo che, solo pochi giorni fa, Papa Francesco si è recato in visita pastorale in Sardegna e ha con forza toccato il tema della mancanza del lavoro, della sua precarietà e, quindi, dell’incertezza per il futuro per chi vive questi drammi.

Il Papa argentino ha sottolineato, proprio nell’omelia di domenica scorsa a Cagliari, la necessità di una collaborazione leale di tutti i soggetti interessati e dell’impegno dei responsabili delle istituzioni (ma anche la Chiesa) per assicurare alle persone e alle famiglie i diritti fondamentali, e contribuire così alla crescita di una società che sia più autenticamente fraterna e solidale.



Per Bergoglio assicurare il diritto al lavoro, il diritto a portare pane a casa, pane guadagnato col lavoro, deve tornare a essere, quindi, una priorità. Un’urgenza particolarmente sentita quando a essere coinvolte sono le giovani generazioni che, in molti casi, hanno dovuto abbandonare la propria terra per andare a cercare altrove le opportunità per costruire il loro futuro.

A Portovesme, quindi, come altrove, sembra suggerirci il Papa argentino, si deve ripartire mettendo al centro la dimensione del lavoro, come fattore alimentatore della speranza, per costruire, tutti insieme, una società capace di essere più autenticamente solidale e aperta alle sfide e alle opportunità che il futuro ci pone davanti.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com