Ieri, a seguito di un incontro a Roma fra l’amministratore delegato Sergio Marchionne e le parti sociali firmatarie del contratto collettivo – tutte tranne la Fiom-Cgil – la Fiat ha garantito gli investimenti necessari per il rilancio di Mirafiori, a meno di un mese dalla scadenza della cassa integrazione per i 5.400 lavoratori del sito torinese. “L’azienda – si legge in una nota – darà il via immediatamente al piano di investimenti necessario ad assicurare il futuro produttivo e occupazionale”. Per farlo, e quindi per riorganizzare le linee, sarà “richiesta la proroga dell’attuale cassa integrazione”. La Fiat in cambio chiede e ottiene dai sindacati la difesa degli accordi firmati, quelli che l’hanno spinta a uscire da Confindustria, “strumenti determinanti per il rilancio qualitativo e produttivo degli stabilimenti” e “condizione imprescindibile per l’impegno industriale della Fiat in Italia”. Ilsussidiario.net ha chiesto al presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, di fare il punto della situazione, dopo le parole dell’ad Marchionne di lunedì, quando ha chiesto un intervento legislativo sulla rappresentanza e sull’esigibilità dei contratti, condicio sine qua non per la continuità stessa dell’impegno industriale di Fiat in Italia.



Senatore Sacconi, come valuta l’accordo su Mirafiori dopo le richieste della Fiat per una legge sulla rappresentanza?
L’intesa per il rilancio di Mirafiori supera il problema della legge sulla rappresentanza. Non solo assicura un futuro produttivo ed occupazionale allo stabilimento di Mirafiori, ma più in generale ricolloca le relazioni industriali interne al gruppo in un percorso di necessarie condivisioni e a ritenere superata la richiesta di una legge sulla rappresentatività delle organizzazioni sociali. L’intesa di ieri dimostra infatti come nulla possa essere più efficace del concreto dialogo tra le parti in termini liberi e responsabili, non condizionati da formalismi di legge e da possibili conseguenti contenziosi.



Già da ministro del Lavoro, lei ha sempre molto puntato sull’autonomia delle parti sociali…
Da liberale riformista, penso che le relazioni industriali debbano rimanere libere e responsabili, ovvero che non debbano essere burocratizzate. I criteri di rappresentatività degli attori sociali sono stati sufficientemente definiti da un accordo fra di loro, gli accordi sono validi verso tutti quando ci sono. Da questo punto di vista non vi è mai stata una contestazione che abbia avuto la capacità di mettere in discussione la validità erga omnes degli accordi. La Fiat legittimamente chiede certezze, ma essa per prima sa che queste certezze non le trova necessariamente nella legge.



Anche il segretario della Cisl Bonanni si era espresso in questi giorni contro la legge (di recente anche su queste pagine
Angeletti e la Uil sono sulle stesse posizioni; la stessa Cgil mi sembra diffidente; confido che anche Confindustria non avverta il bisogno della legge. Noi non dobbiamo creare un sistema rigido di relazioni industriali, ma bensì riconoscere la libertà di associazione sindacale e la libertà di relazioni: i lavoratori hanno cioè il diritto di organizzarsi liberamente come ritengono e di avere gli opportuni spazi di auto-organizzazione nei luoghi di lavoro. Dopodiché le relazioni industriali devono essere libere. Non abbiamo bisogno, come ha detto Bonanni ed io condivido, di regole rigide del legislatore, la politica stia lontana dall’autonomia dei corpi sociali e degli attori aziendali. Credo che Marchionne abbia compreso questo ragionamento.

La Corte costituzionale non le pare abbia un po’ compromesso l’autonomia delle parti e gli equilibri della rappresentanza?

La Consulta ha solamente interpretato l’articolo 19, non ha aperto un vuoto regolatorio. Per questo non occorre un intervento legislativo. Ed è sufficiente che accada quello che è già accaduto, ovvero che la Fiat riconosca i rappresentanti sindacali aziendali della Fiom-Cgil. Ma riconoscerli non significa obbligatoriamente andar d’accordo con essi. 

Crede che la recente intesa sulla crescita oltre all’accordo sulla rappresentanza di quest’anno possano contribuire a favorire la ripresa? 
Me lo auguro. Ma è facile essere uniti nel chiedere spesa pubblica. E’ più complicato essere uniti nel modo di affrontare necessarie trasformazioni come quella che il settore dell’auto ha imposto anche alla Fiat, o firmare accordi con Confindustria sulle regole del lavoro. È sempre facile andare al ristorante e mandare il conto al bilancio pubblico, nel senso che tutte le proposte dell’accordo che le parti hanno sottoscritto sono condivisibili ma non dipendono da loro fatiche. Dipendono da fatiche del governo che deve cercare di ridurre la pressione fiscale, di sostenere la ricerca, etc… mantenendo la stabilità di bilancio. Quindi, quando le fatiche sono degli altri, è molto facile andare d’accordo. 

Quindi cosa dobbiamo chiedere alle parti sociali? 
Quello che bisogna chiedere alle organizzazioni sindacali e datoriali è di verificare se davvero possono essere d’accordo sulla flessibilità del lavoro, sulla correzione ancorché sperimentale della legge Fornero. Questo è stato loro chiesto, ma per ora non c’è ancora una risposta.

(Giuseppe Sabella)

in collaborazione con www.think-in.it