La Pubblica amministrazione è molto importante in Italia, perché con i suoi servizi e comportamenti deve giustificare un livello di tassazione tra i più alti d’Europa e del mondo. Sulla coerenza tra servizi offerti e spesa sostenuta poggia il patto sociale sui cui si basa la nostra democrazia. Anche se spesso ci si concentra sulle patologie come il clientelismo, le frodi fiscali, i baby pensionati o le pensioni d’oro è spesso nel funzionamento “ordinario” della società che si trovano i motivi più seri della crisi che stiamo vivendo e della difficoltà del nostro Paese.
Visionando quindi il nuovo bando di concorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la selezione di 179 dipendenti pubblici si vedono le ragioni di molti nostri problemi. Non me ne vorranno i bravi dirigenti del Ministero che purtroppo condivideranno molte delle osservazioni che farò da qui in avanti. Innanzitutto si registra la solita incomprensibilità e lungaggine dei vari rimandi di legge che caratterizzano qualsiasi atto pubblico. Questo mostro legal/burocratico inghiotte spazio, energie, competenze e tempo, sottraendolo al contenuto di informazione e di azione che si vuole produrre. Non sorprende quindi che le competenze di un funzionario pubblico si focalizzino per la maggior parte sulla capacità di comprendere il contesto legale in cui si opera e di produrre azioni in accordo con questo, piuttosto che di conoscere il mondo che circonda la Pubblica amministrazione e il modo di “connettervisi”.
È un po’ come se in un azienda privata l’80% delle risorse, dei dipendenti e del tempo fossero impiegati nella direzione legale e solo il 20% per erogare servizi, programmare il futuro, progettare soluzioni e in generale operare secondo la missione o l’oggetto sociale di riferimento. Primo punto sarebbe creare una “divisione legale” nella Pa che si occupi di tutti gli aspetti giuridici per lasciare che il resto dei dipendenti si focalizzino nel dare un servizio effettivo a cittadino e imprese senza doversi concentrare sulla legittimità degli atti.
Secondariamente stupisce che la sezione Bandi e Concorsi nel sito del Ministero sia pubblicata in basso nella pagina, dove è meno visibile rispetto a molte altre informazioni che stanno in alto, ma sono senz’altro meno interessanti. Sarebbe quindi opportuno, trattandosi di un concorso pubblico , di dare massima visibilità all’avviso pubblicando l’annuncio, in posizione visibile, su vari siti web o testate, possibilmente specializzate nella ricerca di lavoro e a larga diffusione. Si può fare o dobbiamo aspettare una legge in tal senso?
Proseguendo nell’analisi emerge poi il vero vulnus di tutta la procedura selettiva: la mancanza totale di informazioni relative alla destinazione lavorativa dei candidati prescelti. Non stupisce quindi che l’elenco dei requisiti richiesti per la partecipazione al concorso sia così scarno, indicando solo la necessità di un titolo di laurea e due macro aree di riferimento – area giuridica (sigh) ed economica – oltre ai requisiti legali (doppio sigh).
La prima cosa che s’impara facendo selezione del personale è che i requisiti di una ricerca dipendono sempre dal tipo di mansione che s’intende occupare. Ovvero non esistono delle qualità e competenze perfette in assoluto, ma per ogni incarico si dovrebbe valutare ciò che “serve”, tant’è che le ricerche di personale spiegano dettagliatamente quali sono il ruolo, la funzione , gli obiettivi da raggiungere e i requisiti migliori per svolgere al meglio il lavoro.
Nel bando in questione, come nel 99% dei concorsi pubblici, questa chiarezza non c’è (si può ipotizzare che nella testa di chi l’ha costruito vi sia?) e a giudicare da come gli enti pubblici sono organizzati non sembra di scorgere concetti evoluti di specializzazione funzionale o modelli organizzativi “lean” o altro. Non sarebbe più giusto e utile comunicare chiaramente a chi si candida a ricoprire dei ruoli il contenuto esatto delle mansioni, in modo che possano essere realmente motivati a svolgerli e non solo ad avere un posto di lavoro sicuro? A maggior ragione per orientare i giovani che cercano lavoro e le istituzioni che intendono formarli verso un futuro professionale soddisfacente. Terzo punto è quindi esplicitare chiaramente le informazioni su ruoli, sedi , funzioni, dei posti di lavoro che si intendono ricoprire.
Altri punti misteriosi sono il tipo di esperienza richiesta e l’oggetto della selezione. Oltre alle conoscenze teoriche per dei profili “direttivi” sarebbe utile capire quali esperienze concrete possano costituire un plus per rendere il candidato idoneo per la mansione. Nel bando non se ne fa cenno. Lavorando d’immaginazione si può supporre che il Ministero delle Finanze debba dare dei servizi di carattere economico/finanziario a imprese, enti locali e cittadini. Chi ha maturato esperienze in tal senso potrebbe forse avere una maggiore adeguatezza ai ruoli. Quarta considerazione sarebbe quindi di capire se ci sono figure professionali già esperte che possano ricoprire gli incarichi con successo e l’abbiano già fatto in passato.
Per ultimo nel bando si specifica che al termine della procedura pubblica (lunga, costosa e soggetta a possibili ricorsi?) i vincitori e poi (forse) assunti, e quindi retribuiti, frequenteranno un corso di formazione di 5 (!!!) mesi presso la Ssef. E qui caliamo il sipario su uno spettacolo un po’ comico, ma anche un po’ tragico. Tutto il bando non serve quindi a trovare delle professionalità con delle competenze, ma a trovare degli idonei a una formazione che il contribuente paga per diventare “adeguati” al ruolo da ricoprire. Questo significa che la procedura, della durata di un anno circa, sarà pagata interamente dal contribuente e solo dal 2015 si suppone che i neoassunti possano restituire dei servizi al cittadino. Quinta e ultima considerazione: sarebbe di gran lunga preferibile una procedura selettiva che identifichi professionalità già “pronte all’uso” in tempi rapidi e senza necessità di una formazione d’ingresso così lunga.
Da questo esempio specifico, risulta evidente il motivo per cui in Italia il patto sociale tra contribuente e Stato stia collassando se consideriamo che tutti i concorsi pubblici sono disegnati in questo modo (per legge?). Questo mette in serio dubbio l’adeguatezza sostanziale dei dipendenti e delle procedure pubbliche. Stiamo parlando di questioni non banali che nascondono degli interrogativi seri sul funzionamento della burocrazia e sulla possibilità della nostra economia di competere in un mondo globalizzato in simili condizioni e con questi servizi.