Cattive notizie per esodati, lavoratori precoci, lavoratori usuranti e pensionandi scolastici (appartenenti alla cosiddetta Quota 96): la nuova Legge di Stabilità prevede delle rivalutazioni (sugli assegni di chi è già in pensione), ma, in sostanza, non ha risolto i nodi più spinosi. Per coloro che hanno incominciato a lavorare in giovane età non è stato introdotto alcun riconoscimento: agli uomini necessari 42 anni e 6 mesi, mentre alle donne un anno in meno (41+6). Ma c’è un malus: chi si ritira tra i 60 e i 62 anni subirà una penalizzazione compresa tra l’1% e il 2%. Per chi invece ha iniziato a lavorare ancor prima dei 20 anni, la penalizzazione è maggiore. Niente da fare anche per chi esercita un lavoro usurante (attività manuali ripetitive e faticose e turni di notte): questi lavoratori, se dipendenti di aziende private, possono ritirarsi a 61 anni solo se la somma della loro età e dell’anzianità tocca quota 97; al contrario, se autonomi, la somma deve essere 98.  In sostanza, il punto di riferimento per il sistema pensionistico rimane la tanto discussa Legge Fornero, varata dall’allora governo tecnico Monti. Ricordiamo come a partire dal 2018 verrà parificata l’età tra uomini e donne (lavoratori generici) e come nel 2016 tutti i parametri verranno rivisti in base all’aumento della speranza di vita.



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