In vista della presentazione della Legge di stabilità, fissata al 15 ottobre, c’è tanto ancora da decidere in tema di riforma delle pensioni, tra prestito pensionistico, flessibilità in uscita e fondi complementari. Il tutto con la possibilità del Trattamento di fine rapporto in busta paga, che dovrebbe essere lasciata a discrezione dei lavoratori. L’onorevole Lello di Gioia – iscritto al gruppo misto alla Camera dei Deputati – ci presenta una mozione, presentata con alcuni colleghi, in materia di previdenza integrativa. E sul Tfr…



La riforma delle pensioni al centro dell’agenda politica.  Lei, insieme a dei colleghi, ha presentato una mozione sulla previdenza complementare.

Chiedendoci come utilizzare meglio i fondi pensione – sia quelli delle casse privatizzate che quelli della previdenza  complementare – ci siamo accorti come in Italia vi siano in circolo circa 200 miliardi di euro utilizzati per il 70% all’estero e solo il 30% internamente. Poi, come ben sappiamo, rispetto agli altri paesi dell’Europa, la tassazione è più alta. Le casse sostengono una pressione troppo elevata, che andrebbe invece equiparata agli standard europei, così che il valore aggiunto possa andare a finanziare interventi di economia reale.



È fattibile?

Ne abbiamo parlato approfonditamente con i ministeri del Lavoro, Economia e Finanze, Infrastrutture e Sviluppo economico ottenendo un’intesa di massima: ne nasce appunto questa mozione che chiede di abbassare la tassazione, verificare lo stato giuridico delle casse (definirle dunque private o pubbliche) e aumentare il livello di coloro i quali partecipano alla previdenza complementare.

Che è poco conosciuta.

Sì, sono pochi i lavoratori che si iscrivino alla previdenza complementare: sono circa 6 milioni. Nei prossimi anni, essendo bloccato il mercato del lavoro e avendo riformato le pensioni dal sistema retributivo a quello contributivo, chi andrà in pensione con il nuovo sistema avrà una percentuale del 60-65% dell’ultimo stipendio percepito: troppo poco, soprattutto per chi guadagna già poco. Per questo una pensione integrativa può determinare una condizione economico-sociale diversa, migliore.



E il Trattamento di fine rapporto in busta paga sarebbe un problema.

Lo stesso Presidente del Consiglio ha posto il problema e fortunatamente ora si parla del principio di volontarietà del Tfr, perché se invece dovesse essere imposto si creerebbe un problema – oltre che per la liquidità delle piccole aziende – anche per le risorse della previdenza complementare, che oggi ha circa 5 miliardi e 800 milioni l’anno. Se si va a togliere quei soldi si abbattono i fondi pensioni, che andrebbero invece rafforzati.

Pensa che il provvedimento possa essere accolto e accorpato alla Legge di stabilità?

Molto probabilmente questa mozione potrà essere inserita nella nuova Legge di stabilità. Se questo dovesse accadere, a partire dal primo gennaio potremmo iniziare a vedere i primi risultati: le casse privatizzate investirebbero – attraverso un meccanismo che stiamo definendo – all’interno dell’economia reale del Paese.

 

Per chiudere, in materia di pensione anticipata Cesare Damiano ha proposto 62 anni più 35 di contributi. Che ne pensa?

Si deve ragionare ancora molto. Oltre agli errori della riforma Fornero, a livello europeo siamo gli unici che vanno in pensione addirittura a 67 anni e abbiamo un problema grosso come una casa, che è quello dell’Inps. Se noi dovessimo cambiare il sistema attuale dovremmo tenere in considerazione e sistemare l’attuale condizione dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale: modificando la struttura potremmo innescare delle difficoltà oggettive che si riverserebbero sullo Stato aumentando il debito pubblico.

 

(Fabio Franchini)