La Corte di Giustizia Ue ha stabilito che un datore di lavoro può trasformare un contratto di lavoro part-time in uno a tempo pieno anche senza il parere del lavoratore. La sentenza riguarda il caso di un funzionario del Ministero della Giustizia, in servizio presso il Tribunale di Trento, che aveva un contratto part-time dal 28 agosto 2000 poi unilateralmente trasformato a tempo pieno nel 2011 dal ministero stesso. La Corte ha stabilito che l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale “ammette una normativa che consente al datore di lavoro di disporre, per ragioni obiettive, la trasformazione del contratto di lavoro da contratto a tempo parziale in contratto a tempo pieno senza il consenso del lavoratore interessato”. Inoltre, “in virtù della legge 183/2010 del 4 novembre 2010, tutte le amministrazioni pubbliche possono (entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della stessa), nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati”, ricordando che “la direttiva 97/81 e l’accordo quadro sono diretti a promuovere il lavoro a tempo parziale – su basi accettabili sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori – e a eliminare le discriminazioni tra i lavoratori a tempo parziale e quelli a tempo pieno”. L’accordo quadro “rimette agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione dei principi generali, prescrizioni minime e disposizioni, al fine di tener conto della situazione in ogni Stato membro” . Ed “esclude che l’opposizione di un lavoratore a una trasformazione del proprio contratto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno possa costituire l’unico motivo del suo licenziamento, in assenza di altre ragioni obiettive”. (Serena Marotta)