Sono i pensionati i grandi dimenticati della Legge di stabilità 2015. Non soltanto la manovra del governo per il 2015 non ha introdotto alcuna riforma delle pensioni, come la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro tra i 62 e i 70 anni di cui si è discusso per l’intera estate, ma ha anche escluso qualsiasi intervento a favore dei pensionati. Le promesse di allargare il bonus da 80 euro anche a chi si è ritirato dal mondo del lavoro sono finite in una bolla di sapone. E gli stessi tagli alla sanità delle Regioni andranno a colpire soprattutto gli anziani, che ora si vedranno costretti a pagare ticket più salati. Abbiamo fatto il punto con Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle politiche fiscali e previdenziali.



Che cosa ne pensa della scelta di non estendere il bonus da 80 euro ai pensionati?

Noi pensiamo che sia un errore gravissimo non estendere ai pensionati il bonus da 80 euro. L’estensione della platea tra l’altro era stato un impegno preso dal presidente del consiglio Renzi la scorsa primavera.

Intanto le misure sulle pensioni sono state escluse dalla Legge di stabilità…



Dopo aver annunciato per tutta l’estate che il governo stava studiando come reintrodurre il principio di flessibilità nel nostro sistema di accesso alla pensione, adesso prendiamo atto che evidentemente gli studi non sono andati a buon fine e non hanno dato vita a nessuna decisione. Anche questo lo riteniamo profondamente sbagliato, perché il nostro sistema previdenziale ha bisogno di reintrodurre un principio di flessibilità in uscita.

Quali sono le vostre proposte su questo tema?

Uil ha avanzato una proposta dettagliata, che si basa sul fatto di prevedere un range di età tra 62 e 70 anni, al cui interno il lavoratore può scegliere quando e come andare in pensione, anche in base alla tipologia del proprio lavoro. Dal momento che sappiamo che non tutti i lavori sono uguali, con questo meccanismo si darebbe una risposta anche a chi svolge lavori usuranti e agli esodati.



La flessibilità pensionistica avrebbe conseguenze positive anche per il mondo del lavoro?

Sì, in quanto permetterebbe di stabilire un maggiore collegamento con il mercato del lavoro e di ridurre la disoccupazione. Il fatto di avere elevato in modo così rilevante l’età di accesso alla pensione ha bloccato il turn-over all’interno delle aziende. Ciò è avvenuto a discapito dei giovani, che a parole il governo vuole salvaguardare e tutelare, anche se in questo caso con il suo comportamento concreto ha fatto esattamente l’azione opposta.

 

Ma una nuova riforma delle pensioni nell’arco di tre anni non avrebbe creato solo maggiore confusione?

In questo caso no. È vero che il sistema previdenziale per poter funzionare ha bisogno di stabilità e certezza normativa. I provvedimenti della Fornero sono stati però un vulnus troppo profondo nel sistema previdenziale che ha creato un grande squilibrio. Reintrodurre un principio di flessibilità non andrebbe a indebolire la credibilità dell’intero sistema previdenziale: sarebbe esattamente il contrario. La forbice che noi proponiamo, tra i 62 e i 70 anni, va esattamente nella direzione di dare credibilità e funzionalità al sistema e legarlo al funzionamento del mercato del lavoro.

 

I tagli alla sanità delle Regioni in finanziaria penalizzano a loro volta gli anziani?

Sì, e anche questo fatto è profondamente sbagliato. Renzi aveva ripetutamente sottolineato che occorreva fare dei tagli selettivi. Ora invece si ritorna ai tagli lineari, che vanno a colpire la qualità delle prestazioni, soprattutto per le persone anziane e malate. Questo è profondamente sbagliato, e noi ci batteremo affinché nelle prossime settimane durante l’iter parlamentare ci possa essere una correzione che vada nella direzione dell’equità e di una maggiore efficacia dei provvedimenti.

 

A che punto siamo per quanto riguarda gli esodati?

Con gli esodati siamo a due terzi dell’opera. Grazie all’impegno del sindacato e all’attenzione del Parlamento, certamente maggiore di quella dimostrata dai vari governi, siamo riusciti a salvaguardare circa il 65% delle persone coinvolte. Rimane ancora da fare un tratto di strada, e noi pensiamo che uno dei modi per dare risposte agli esodati sia quello di reintrodurre il principio di flessibilità tra i 62 e i 70 anni.

 

(Pietro Vernizzi)