Mercoledì 15 ottobre il governo presenterà, sotto gli occhi attenti dell’Europa, la Legge di stabilità. Ci potrebbero essere degli interventi riguardanti le pensioni, ma anche una delle ultime proposte di Matteo Renzi: l’inserimento in busta paga di parte del Trattamento di fine rapporto. Un’idea, quest’ultima, accolta tiepidamente che non trova comunque in totale disaccordo Gessica Rostellato, membro della Commissione Lavoro Pubblico e Privato nonché onorevole del Movimento 5 Stelle: sì al Tfr facoltativo, ma a discrezione delle imprese. L’esponente pentastellata ci parla dunque di una mozione presentata insieme ai colleghi circa le politiche a sostegno della maternità e del welfare familiare.
Il punto più discusso negli ultimi giorni è quello relativo al Tfr in busta paga. Lei che ne pensa?
Ci sono dei pro e dei contro. Allora, il lavoratore si vede arrivare più soldi in busta paga: ha più capacità di spesa. Ma bisogna anche pensare che se quegli euro in più ce li ha adesso, non li avrà dopo. Gli snodi della questione sono due…
Quali?
Il Trattamento di fine rapporto, in origine, era stato concepito come autofinanziamento per le aziende. Nel senso che queste non davano questa parte di retribuzione alla fine del mese, ma la tenevano da parte. Ecco, se noi lo togliamo, priviamo alle imprese queste risorse. È anche vero, però, che ci sono delle piccole imprese che avrebbero piacere di liquidare il Tfr mensilmente per non ritrovarsi a dover sborsare grosse somme alla fine. Penso dunque che la possibilità di corrispondere il Tfr in busta paga debba essere facoltativa. Un obbligo potrebbe essere alquanto deleterio.
In materia invece di flessibilità dell’età pensionabile e pensione anticipata, l’idea di Cesare Damiano per il 2014 è di 62 anni più 35 di contributi con meccanismo di bonus-malus.
È una proposta largamente discussa in Commissione e non è per niente cattiva. Il fatto è che noi saremmo per una rivisitazione completa dell’impostazione data dalla riforma Fornero, che vorremmo abrogare in toto, partendo anzitutto dall’abbassamento dell’età pensionabile perché andare in pensione a 67-70 anni è inaccettabile.
La Legge di stabilità sarà varata il 15 ottobre. Cosa si aspetta dal governo in materia di pensioni, tenendo comunque conto dei vincoli di bilancio?
Al momento non dico niente: vediamo cosa riescono a proporre. Non escludo che si stiano accordando con Damiano per un punto di incontro sul Jobs Act alla Camera, dando in cambio delle concessioni sulle pensioni. Aspettiamo ancora una settimana…
Nel frattempo, insieme ad altri compagni di partito, ha presentato una mozione in materia di welfare familiare: politiche a sostegno della maternità, età pensionabile delle donne…
Il problema fondamentale è l’assenza di servizi per le donne. Si deve superare una certa cultura che vede la donna a casa, a curare il focolare domestico. Per generazioni, fino a oggi, ci siamo basati sulla fortuna di contare sui nonni per aiutare le mamme a badare ai figli. Ma questa possibilità, più andiamo avanti, più sarà difficile vederla attuata perché, anche con la riforma Fornero e dunque l’aumento dell’età pensionabile, molti nonni staranno ancora lavorando quando avranno dei nipoti.
Veniamo ai contenuti.
La nostra proposta è dunque di garantire più servizi alle famiglie, oltre al fatto di rivedere i confini e la struttura della maternità, dando per esempio la possibilità alle donne di fruirla in modo più flessibile. Per esempio, le dico che molte donne che conosco avrebbero voluto lavorare fino all’ultimo giorno possibile, visto che si sentivano bene. Insomma chiediamo un po’ più di elasticità e l’opportunità di gestire a propria discrezione, e a seconde delle esigenze, quei mesi previsti dalla legge.
Poi c’è il rientro a lavoro…
E qui purtroppo, spesso e volentieri, non ricevono il sostegno di cui avrebbero bisogno. Se non hanno la famiglia alle spalle e magari una struttura a cui far riferimento, si trovano a dover scegliere tra lavoro e la famiglia. Una strada facile, veloce e capace di creare anche posti di lavoro, per sopperire a tale problema è quella di dare servizi alla persona da parte di figure professionali ad hoc che lavorano a domicilio, con forti agevolazioni e sgravi fiscali da parte dello Stato. La baby sitter non deve più essere un lusso di pochi, bensì la norma.
Le risorse per attuare un progetto del genere ci sono?
Vanno trovate, certo, ma ci sono tante risorse che vengono sprecate o rimangono lì: per esempio, i soldi che vengono versati annualmente per gli assegni dei nuclei familiari non vengono completamente utilizzati. Potremmo partire da lì.
(Fabio Franchini)