«Quando si discute di riforma delle pensioni, sembra sempre che si debba prendere una coperta corta e tirarla da una parte o dall’altra. Non ne usciremo finché qualcuno si alzerà dal letto e andrà a prendere una coperta più grande». Lo afferma Nino Galloni, membro effettivo del collegio dei sindaci dell’Inps, nel momento in cui la Legge di stabilità riapre la partita delle pensioni. Flessibilità, esodati, contributo di solidarietà sulle pensioni più alte sono temi affrontati finora solo marginalmente, ma che presto diventeranno centrali nel dibattito politico.
Come si deve intervenire nella Legge di stabilità sul tema della riforma delle pensioni?
La questione della riforma delle pensioni è legata a un sistema contributivo che andrà a regime tra parecchio tempo, e che comunque dovrebbe essere in equilibrio per definizione matematica. Ciò che ci manca nei comparti deficitari sono i contributi, perché l’economia non cresce, non si assumono lavoratori nel pubblico impiego, non si rispetta il turnover e non si applicano i contratti già firmati.
Quali sono i problemi da affrontare?
I problemi sono fondamentalmente due. In primo luogo, le entrate contributive dal punto di vista della crescita economica, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori pubblici e i dirigenti. In secondo luogo, problemi di natura sistemica, che non riguardano le pensioni in quanto tali, ma il nostro sistema economico.
La soluzione può essere la flessibilità, cioè dare una pensione più elevata a chi resta al lavoro più a lungo?
Incentivare la permanenza al lavoro non è una buona soluzione. È una scelta costosa e che non risolve il problema dei contributi. Il problema è il delta tra i vecchi e i nuovi contributi. Se questo delta si riduce, perché rimangono i vecchi contributi ma comunque avanzano i nuovi pensionati, è chiaro che abbiamo un problema di natura finanziaria. Quando il sistema contributivo sarà a regime, il problema sarà che siccome le paghe sono state troppo basse, anche le pensioni saranno basse.
Quali saranno le conseguenze?
Si arriverà al paradosso che ci saranno lavoratori la cui gestione oggi è in eccedenza, in quanto pagano contributi più elevati rispetto alle pensioni che otterranno. La conseguenza sarà che avranno pensioni sotto al livello di pensioni di povertà. A quel punto che senso ha pensare di avere un sistema contributivo, se poi non si arriva neanche alla soglia di povertà. Sono queste le grandi questioni sistemiche quando si parla di riforma delle pensioni.
Di fronte a queste grandi questioni quale può essere la soluzione?
La soluzione è che dobbiamo puntare a uno sviluppo sostenibile anche dal punto di vista finanziario, che nasce da una spesa pubblica efficace, da un recupero della sovranità monetaria, dal ristabilire la separazione bancaria per cui le banche devono fare solo credito, valorizzare tutto il nostro patrimonio, investire nell’ambiente e sui giovani, ma non dimenticare mai che quello che noi in genere chiamiamo “condizioni dello sviluppo economico”, cioè l’innovazione e la formazione, sono lo sviluppo economico. L’unica condizione dello sviluppo è il buon funzionamento delle istituzioni. Invece di andare in questa direzione, stiamo togliendo risorse alle istituzioni, e quindi non possiamo pretendere che funzionino meglio.
È giusto mettere un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte?
È una misura deflazionistica, come è deflazionistico tagliare i buoni pasto e non assumere nella pubblica amministrazione.
E se invece fosse usata per ridurre l’aliquota contributiva per i giovani?
È un concetto di coperta corta. La possiamo tirare di qua o di là, ma ciò che va fatto è alzarsi dal letto e prendere la coperta giusta.
(Pietro Vernizzi)