Tira brutta aria per le casse di previdenza professionali. Per capirlo, basta leggere con calma l’intervista a Tiziano Treu, il Commissario straordinario dell’Inps. È la prima dopo il suo insediamento ed è pubblicata, in sintesi, su Italia Oggi del 5 dicembre a firma di Andrea Cabrini e Marino Longoni (il video è disponibile sul sito del quotidiano). Per il Commissario, c’è una cosa che le casse non possono più rinviare: l’alzare i contributi. Se vogliono evitare la bancarotta e continuare a pagare le pensioni ai vecchi professionisti a riposo, la prima cosa da fare è elevare i contributi ai professionisti giovani. Gira e rigira la musica è la stessa: la singolar tenzone tra coloro che hanno ricevuto (i vecchi) e coloro che ancora devono avere (i giovani).



Il Commissario ha le idee chiare in proposito. E anche condivisibili, almeno sulla diagnosi del problema: le casse non hanno saputo spendere bene la loro autonomia. «Se avessero voluto salvaguardare il loro futuro», spiega, le casse «avrebbero potuto nel frattempo autoriformarsi, a partire dal mettere in sicurezza il bilancio nel lungo periodo evitando di fare le cicale». Treu aggiunge: «Si tende spesso a salvaguardare il bengodi degli anziani professionisti sulle spalle dei giovani professionisti che contribuiranno con maggiore difficoltà»; conclude che, «quando prevale questa logica, si mette a repentaglio il futuro della cassa stessa».



Fin qui la diagnosi, che come detto è pienamente condivisibile. Ma è sulla cura, sul come risolvere il problema di un’incapacità delle casse nel futuro a pagare le pensioni ai professionisti a riposo, che le idee appaiono molto meno chiare e molto meno condivisibili. Vediamo.

“Se le casse hanno piena autonomia” – è più o meno la domanda – “ciò dovrebbe garantire la facoltà d’intervenire con misure redistributive tra professionisti-pensionati e professionisti-lavoratori?”. È qui che Treu risponde meno schiettamente: non prende posizione, quasi a dare un colpo al cerchio (della cintura stretta dei pantaloni dei professionisti-lavoratori) e uno alla botte (larga e piena dei professionisti-pensionati). Il Commissario dell’Inps non esclude che si possa guardare al passato ritoccando i diritti cosiddetti acquisiti. Anzi, sulla scia di un recente indirizzo giurisprudenziale (che ammette la facoltà delle casse di applicare ai pensionati un contributo di solidarietà), chiosa affermando che «questa idea dei diritti acquisiti è stata abusata in passato»; che «quando le cose vanno poco bene, è necessario rendere sostenibile i diritti acquisiti»; e che bisogna avere «il coraggio di dire che è diritto acquisito ciò che si può!».



Tuttavia – è l’immediata smentita – «prima di togliere soldi dalle tasche di chi è in pensione, l’autonomia delle casse può fare parecchio per il futuro, facendo presente che d’ora in poi non si promette più il bengodiperché non si può più sostenere e alzando i contributi che sono insufficienti». Una vera e propria marcia indietro sul discorso dei diritti acquisiti, che diventa inversione a “U” con un esempio in cui il Commissario tira in ballo se stesso. Treu dice: «Sono stato nella cassa degli Avvocati per diverso tempo, prenderò quello che ho accumulato. Perché i dipendenti versano il 33% mentre molti professionisti versano il 10%, il 12%? È chiaro che se versi poco prenderai poco». 

Il Commissario sembra voglia dimostrare un (inesistente) teorema secondo cui, se si alzano i contributi, si salvano le pensioni dei vecchi professionisti (a riposo) e, al contempo, si garantiscono pensioni più alte (a quelli giovani). Non è così, se alla base ci sono diversi sistemi di previdenza. E Treu lo sa, perché sa bene di cosa sta parlando anche in senso minuziosamente tecnico. Perché nel suo esempio omette di precisare con quale criterio sarà calcolata la sua pensione, se con quello retributivo o quello contributivo. Non è un dato insignificante, anzi. Mettiamo che sia il criterio retributivo, gli chiediamo: la sua pensione sarà d’importo uguale a quella di un giovane avvocato che oggi versa contributi più alti e che avrà la pensione calcolata con il criterio contributivo?

La risposta è negativa, Treu lo sa. Piuttosto che difendere il passato, dal quale si sta cercando di venire fuori con enormi sforzi di riforma, si dia spazio a una disincantata presa di coscienza dei problemi e delle logiche cause.