La recente vicenda delle dimissioni di Mastrapasqua porta, finalmente, alla luce il problema previdenziale italiano. Non si tratta per una volta delle pensioni d’oro, ma di un altro colore: il rosso di bilancio dell’Inps. La sostenibilità del sistema pensionistico non è un optional, tutt’altro, risulta un punto di attenzione estremamente delicato sia per il patto intergenerazionale, sia per la credibilità del sistema economico del nostro Paese. La consistenza patrimoniale dell’Inps è stata fortemente erosa, dimezzandosi negli ultimi anni e passando da un livello di oltre 40 miliardi di euro circa nel 2009 a un livello di patrimonio netto tecnicamente in default previsto per il 2014. In tutto questo balza all’occhio la spesa del vertice dell’Inps che supera i 4 milioni di euro.
Sul bilancio dell’Inps pesano, com’è noto, le passività patrimoniali dell’ex-Inpdap incorporato dall’Inps, ma l’ente ci rassicura comunicando in una nota che esse non rappresentano una problematica di rilievo. L’azienda Inps presenta un saldo negativo per la sua gestione caratteristica, come si evince dal bilancio di previsione 2014 dell’ente stesso. È interessante però notare che mentre il sistema degli ammortizzatori sociali ha conseguito un risultato positivo, si registrano forti perdite sui fondi previdenziali dei lavoratori dipendenti.
L’incidenza della spesa pensionistica sul Pil è cresciuta dal 2010 a oggi di circa cinque punti percentuali. Il nuovo premier e il nuovo ministro del Lavoro hanno un intricato puzzle da risolvere. La spesa pensionistica continua a salire e il problema previdenziale risulta tutt’altro che in via di risoluzione. Il vero nodo aperto si chiama “problema demografico”, mai affrontato seriamente in Italia. Come ha detto proprio Mastrapasqua, “in Italia ci sono 60 milioni di attuari” – aggiungo, all’Inps evidentemente non ne avevano neanche uno. Gli aspetti demografici sono stati timidamente considerati solo nell’ultima riforma Fornero. Ma anche qui non si considerava il fatto che con il contributivo l’Inps raccoglieva certo di più sul fronte degli asset ma creava delle liabilities rilevanti in termini di pensioni che prometteva di pagare. Ancora, fa sorridere la pretesa della ricerca di un concetto di equità intergenerazionale con l’utilizzo di tavole di mortalità datate.
Ma i nodi al pettine sono più di uno, le continue riforme non sono altro che aggiustamenti finanziari e non riforme strutturali. Si parla sempre di debito pubblico dello Stato, ma qual è l’ammontare del debito previdenziale? Risulta davvero sconcertante che in una situazione gravosa di mancanza di trasparenza sui conti e sulla reale situazione previdenziale, l’ex Presidente Mastrapasqua abbia pensato più alle sue multiple poltrone che alla salvaguardia della comunicazione sull’utilizzo dei soldi dei contribuenti. In questo contesto nessuno parla della soppressione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale: perché è stato soppresso? Forse era un elemento di eccessiva trasparenza?
Non ci si rende conto infatti che il contribuente lavoratore in realtà contribuisce doppiamente all’Inps, sia con i contributi a proprio carico, sia con la tassazione generale sui redditi. Il sistema sarebbe perfettamente in equilibrio se l’Inps si trasformasse in un grande Fondo Sovrano con finalità pensionistiche. Sarebbe allora più trasparente e controllabile nella gestione previdenziale, sollevando il bilancio dello Stato dal fardello della tenuta dei conti a forza di decreti con maquillage contabile. Perché non affidare al mercato dei capitali la gestione del risparmio previdenziale come succede nell’esperimento ben riuscito della previdenza complementare?
(Pasquale Merella – @pasqualemerella)