«La legge Fornero ha cercato di promuovere innanzitutto il lavoro a tempo indeterminato, ma alla luce delle ultime statistiche è necessario modificarla per favorire la flessibilità in entrata. Occorre puntare su contratto a tempo determinato, contratto di somministrazione e partite Iva». Lo evidenzia Michel Martone, ex viceministro del Lavoro del governo Monti ai tempi della riforma Fornero. Il premier Renzi sta mettendo a punto il suo piano per il lavoro, che si basa su assunzioni più facili e buste paga più pesanti per i redditi più bassi.



Professor Martone, a due anni dal suo varo è già necessario modificare la legge Fornero. Su che cosa avete sbagliato?

Alla luce delle recenti statistiche sul mercato del lavoro, penso che sarà necessario intervenire sulla parte relativa alla flessibilità in entrata. È in particolare necessario apportare modifiche sulla causale del contratto a termine, sul contratto di somministrazione e sulle partite Iva.



La riforma Fornero ha introdotto un eccessivo irrigidimento del mercato del Lavoro?

La legge Fornero ha cercato di promuovere il lavoro a tempo indeterminato. Questa parte va però compensata da una liberalizzazione relativa ad altri aspetti, in quanto ci troviamo in un momento nel quale la crisi economica continua a colpire in maniera molto dura, aumenta la disoccupazione e quindi è necessario agevolare le assunzioni e semplificare il mercato del lavoro.

All’epoca della riforma Fornero non avete tenuto conto di questo aspetto?

All’epoca della riforma, Elsa Fornero ha ritenuto che la priorità fosse incentivare le assunzioni a tempo indeterminato.



Che cosa ne pensa del Jobs Act di Renzi?

Il testo completo dobbiamo ancora leggerlo. Per quanto riguarda le sue linee guida, si tratta di proposte interessanti, anche se come sempre il diavolo si nasconde poi nei dettagli.

Sul contratto unico è d’accordo?

Se per contratto unico si intende l’abolizione di tutte le altre forme contrattuali, la ritengo una proposta troppo radicale. Oggi la realtà produttiva è variegata e molteplice, e la flessibilità è importante in diversi settori produttivi. Il contratto unico vorrebbe invece ridurre il lavoro a un solo tipo di contratto, ma non credo che il Jobs Act andrà in questa direzione.

 

Che cosa ne pensa del modo in cui Renzi si rapporta ai sindacati?

Renzi ha lanciato una sfida importante che ora attendo di vedere. È chiaro però che i sindacati sono anche una forza positiva della società. Renzi ora vuole fare un passo avanti importante nella logica dei rapporti con i sindacati, ispirandosi al modello di Tony Blair, ma il mio auspicio è che non finisca per mortificare troppo il sindacato.

 

È d’accordo con l’idea di rendere le buste paga più pesanti?

Sono d’accordo e trovo che sia molto importante la scelta di partire dai lavoratori che guadagnano meno.

 

Ritiene che vadano incentivati anche i premi di produttività?

La cosa più importante è incentivare la domanda interna e ciò è a disposizione della leva fiscale. Aiutare quanti guadagnano di meno è un passo nella giusta direzione. Detto ciò non possiamo dimenticarci che il problema delle nostre imprese è anche a livello di produttività.

 

L’Agenzia Unica per il Lavoro può rappresentare una soluzione?

Speriamo. Sicuramente è necessario avere una gestione nazionale di tutti i dati che riguardano l’andamento del mercato del lavoro. Può essere una soluzione, ma come sempre bisognerà vedere come viene realizzata nel nostro Paese. Le soluzioni non sono giuste o sbagliate a priori, ma giuste o sbagliate per il modo in cui sono realizzate.

 

(Pietro Vernizzi)

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