Il lavoro sta diventando sempre più un’opportunità per “privilegiati”. In particolare i giovani disoccupati, come previsto da diversi anni da studi anche qui pubblicati, sono ormai quasi uno su due (tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni pari al 42% circa). La politica, nonostante le chiare previsioni, non è riuscita in questi anni ad attuare interventi che invertissero la rotta o quantomeno la riducessero. Ci prova ora il nuovo governo Renzi. Ieri sono state annunciate alcune azioni e linee di intervento in materia di mercato del lavoro.



Attuazione dal primo maggio della “Garanzia giovani” con estensione dell’età dei possibili beneficiari a 29 anni (il governo Letta si era fermato a 24 anni, alcune regioni autonomamente avevano già innalzato l’età a 29 anni ). Un provvedimento urgente che contiene due interventi. Il primo, di semplificazione sul contratto a termine, che sostanzialmente toglie alcune rigidità introdotte dalla legge Fornero in tema di modifica della durata del primo rapporto (da 12 a 36 mesi e possibilità di più proroghe entro il limite dei 36 mesi). Il secondo, riguarda il contratto di apprendistato per il quale si prevedono semplificazioni amministrative ed eliminazioni di rigidità (l’assunzione di nuovi apprendisti non è più condizionata alla conferma in servizio di precedenti apprendisti).



Viene proposto inoltre “un disegno di legge che conferisce al Governo apposite deleghe finalizzate a introdurre misure per riformare la disciplina degli ammortizzatori sociali, riformare i servizi per il lavoro e le politiche attive, semplificare le procedure e gli adempimenti in materia di lavoro, riordinare le forme contrattuali, migliorare la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita” (rif. nota ministero del Lavoro).

A tali proposte, specifiche sul mercato del lavoro, sono certamente collegate altre azioni, come ad esempio, di riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori e di riduzione della tassazione per le aziende. I lavoratori dipendenti o assimilati (a progetto), che hanno un reddito lordo annuo fino a 25 mila euro, avranno un aumento netto annuo in busta paga stimato in circa 1.000 euro. Per le aziende si prevede la riduzione dell’Irap del 10%, la riduzione del premio Inail, l’aumento di fondi di garanzia per il credito e la riduzione del 10% dei costi dell’energia (questi ultimi per le Pmi).



Attuare la Garanzia giovani e intervenire nel correggere gli errori della legge Fornero è una priorità che muove nella direzione di una reale risposta ai bisogni, in particolare dei giovani, di poter avere maggiori possibilità e opportunità di lavoro. Intervenire nella riduzione delle tasse e dei costi delle imprese, sbloccare i pagamenti dei debiti della Pa e aumentare il fondo di garanzia per il credito delle Pmi significa ridare un po’ di fiducia e di ossigeno a chi produce occupazione.

Queste azioni sono certamente importanti per iniziare un percorso positivo e fattivo di risposta alle esigenze di un mercato del lavoro, ormai da troppi anni in forte sofferenza. In merito alle linee tracciate sulle leggi delega si possono cogliere alcuni spunti di novità sia in termini concettuali, sia specifici, ma che dovranno essere verificate con la formulazione definitiva delle stesse.

Semplificare, responsabilizzare e sostenere sono forse i termini che meglio, in sintesi, descrivono le ipotesi di intervento previste in materia di politiche passive (ammortizzatori) e attive a favore dei lavoratori. Collaborare e coordinare sono i fattori di indirizzo per rifondare un sistema di servizi (tra istituzioni pubbliche e con i privati) che oggi è certamente tra i più carenti a livello europeo e che nel mercato del lavoro odierno, certamente diverso da quello di pochi decenni fa, assume un ruolo fondamentale per garantire efficienza ed efficacia nella risposta ai bisogni di persone e imprese.

Se le traiettorie sono positive occorrerà vedere come si procederà nelle fasi di attuazione che in alcuni tratti (vedasi agenzia nazionale) mostra rischi evidenti di possibile ritorno a una concentrazione statale che certamente da una parte rimuoverà le difficoltà attuali generate da continui conflitti normativi tra Stato e Regioni, ma dall’altra potrebbe dimenticare che nel nostro Paese ci sono diversi mercati del lavoro. Se si sviluppasse un centralismo esasperato potremmo tra non molto trovarci di fronte a una capacità di risposta solo verso il basso con conseguenti arretramenti per l’intero Paese. Un rischio possibile?

La speranza è che non si cada dalla padella alla brace e che siano portate avanti proposte capaci di valorizzare e far crescere i diversi mercati del lavoro del nostro Paese, unica strada per la crescita di tutti.

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