È la “Svolta buona”? Per Luigi Angeletti sì: la strada imboccata da Matteo Renzi è quella giusta. Il Segretario generale della Uil commenta positivamente il piano economico presentato dal presidente del consiglio: «Sono cose che aspettavamo da molto tempo; ci hanno sempre detto che per un motivo o per l’altro non si potevano fare, e ora invece eccole qua». Lo scontro con i sindacati, alla prova dei fatti, non c’è stato, visto che il premier ha raccolto le loro istanze. Certo, resta da risolvere la questione legata ai lavoratori autonomi e ai pensionati, ma «Renzi ha le energie e la volontà per fare quei cambiamenti che sono necessari per il nostro Paese», anche se in tema di sindacato «non capisce molto».
È soddisfatto del programma economico presentato da Matteo Renzi?
Sì, sono cose che aspettavamo da molto tempo. Negli ultimi quattro anni abbiamo fatto manifestazioni, scioperi e iniziative di ogni tipo per ottenere una riduzione delle tasse sul lavoro e una riduzione delle spese dei costi della politica. Alla fine, fortunatamente, questa è stata un’indicazione che Renzi ha seguito.
Seppur non si sia confrontato direttamente con voi ha fatto quello che volevate. È la “svolta buona”?
È la strada giusta, su questo non c’è dubbio. La cosa che ci riempie di vera soddisfazione è che per anni ci è stato detto che questi interventi, per quanto fossero cose utili per l’Italia, non erano possibili da realizzare; una volta era l’Europa, un’altra mancavano i soldi e un’altra ancora non si poteva tagliare la spesa pubblica: c’era sempre un argomento per dire “vorrei, ma non posso”. Quello di Renzi è un atto di coraggio e di determinazione: ha dimostrato che sono tutte cose che si possono fare.
È arrivata dunque la riduzione della tassazione del lavoro dipendente. Ma dopo questi 10 miliardi di euro il taglio al cuneo fiscale sarà perenne?
Certo, deve esserlo, sennò non avrebbe né senso, né valore. Le riduzioni delle tasse – per avere tutti gli effetti positivi conseguenti – devono essere permanenti. Le persone devono poter contare sul fatto che le tasse continueranno a diminuire anche nei prossimi anni, sennò non spendono un euro.
Per quanto riguarda invece il Jobs Act – terreno di scontro con i sindacati – il contratto unico è stato, al momento, messo in stand-by…
Si, c’è un disegno di legge, quindi avrà un percorso parlamentare più lungo. La questione vera è che, in queste determinata fase storica del nostro Paese, tutto ciò che può creare posti di lavori (visto il tasso di disoccupazione giovanile) è benvenuto. L’importante è che funzioni: staremo a vedere…
Rimane comunque da sciogliere il nodo dei pensionati e dei lavoratori autonomi.
È vero, è un problema che dovrà essere affrontato e risolto in tempo brevi. Anche per i pensionati, ovviamente, vale la regola vigente per tutti gli altri: abbiamo bisogno di persone con maggiore disponibilità di denaro per aumentare la domanda interna.
Si è tanto detto, per bocca anche dello stesso Renzi, che il sindacato – come la politica – deve cambiare. È un primo passo verso un cambio di pelle anche da parte dei sindacati?
Ognuno può dire che l’altro deve cambiare; ogni tanto bisognerebbe anche dirci – se fossero capaci o in buona fede – in che modo. Noi glielo diciamo cosa devono fare, a noi piacerebbe sentirci dire, in maniera altrettanto chiara e non generica, cosa dovremmo fare di diverso. Dobbiamo chiedere più o meno soldi? Fare più scioperi, farne meno o non farli proprio? Che ci dicessero concretamente che cosa dobbiamo fare. Secondo me, però, non lo sanno.
Lei vede in Renzi un interlocutore con il quale è possibile fare cose concrete e utili?
Renzi ha le energie e la volontà – che sono due cose non indifferenti – per fare quei cambiamenti che sono necessari per il nostro Paese, a partire dalla Pubblica amministrazione fino alla Giustizia, passando dall’abolizione del Senato e delle Provincie (e accorpare i Comuni), per dare vita a un sistema politico decente rispetto a quello avuto negli ultimi 60 anni. Poi penso che Renzi, non essendo onnisciente, non capisca molto di sindacato, ma, rubandogli la battuta, “ce ne faremo una ragione”.
(Fabio Franchini)