19 marzo 2002: sono da poco passate le ore 20 quando il professor Marco Biagi, a bordo della sua bici, percorre, di ritorno da una giornata di lavoro all’Università di Modena, il tratto di strada che separa la sua abitazione di via Valdonica dalla Stazione di Bologna. Un commando formato da tre brigatisti, però, lo aspetta di fronte al portone della sua abitazione, al civico 14. Due di questi gli si fanno incontro esplodendo sei colpi in rapida successione. Alle 20:15, Marco Biagi muore tra le braccia degli operatori del 118 che sono accorsi sul posto, lasciando la moglie e due figli ancora giovani.



La furia omicida del terrorismo brigatista ha colpito ancora uccidendo un fedele servitore dello Stato che stava tentando, con il suo lavoro e le sue idee, di promuovere politiche per l’occupazione più moderne ed europee per il nostro Paese. Questo sforzo faceva sì che la follia omicida lo descrivesse come l’ideatore e il promotore “di un progetto di rimodellazione della regolazione dello sfruttamento del lavoro salariato, e di ridefinizione tanto delle relazioni neocorporative” “quanto della funzione della negoziazione neocorporativa in rapporto al nuovo modello di democrazia rappresentativa”.



Oggi, dodici anni dopo, in tutto il Paese vi sono iniziative che ricordano la sua opera e riflettono sul testamento ideale che ci ha lasciato. In sua memoria, si tiene, ad esempio, a Roma un incontro promosso da Adapt (associazione fondata dal professore nel 2000) per cercare di evidenziare l’attualità di un pensiero e di un progetto riformatore che idealmente collega il Libro Bianco del 2001 al Codice semplificato del lavoro promosso, tra gli altri, da amici e colleghi del prof. Biagi quali Michele Tiraboschi e Pietro Ichino. Un incontro che diventa ancora più significativo e importante proprio in questi giorni nei quali si va definendo il Jobs Act del governo guidato da Matteo Renzi e si avvicina l’avvio della youth guarantee.



Viene naturale chiedersi cosa rimane di quel disegno riformista che una banda criminale ha drammaticamente interrotto nel nuovo progetto di cui oggi discutiamo e ci piacerebbe sapere cosa Marco Biagi ne avrebbe pensato. Alcune risposte le possiamo certamente trovare nei suoi scritti. Già il Libro Bianco del 2001 evidenziava, ad esempio, come l’Italia continuasse a caratterizzarsi per un significativo gap nei livelli educativi, rispetto alla media dei paesi Ocse, anche considerando le classi d’età più giovani e quanto fosse difficoltosa (ieri come oggi) la transizione dalla scuola al lavoro.

Biagi sottolineava, quindi, nella stessa sede, come il passaggio fra scuola e lavoro penalizzasse fortemente i nostri giovani e come quello della scuola e quello del lavoro fossero due mondi distanti che, addirittura, si ignoravano. Era già allora, secondo il professore, tutto il sistema della formazione e dell’addestramento professionale a soffrire di carenze strutturali da riformare con l’ambizioso obiettivo di integrare le varie fasi del processo di apprendimento. In un’economia globale – ora ancora di più dopo i drammatici effetti della crisi, che richiede continui adattamenti delle conoscenze – la formazione continua, per i giovani ma non solo, rivestiva, già nel 2001, un ruolo di primo piano per aumentare la produttività dei lavoratori e per potenziare, allo stesso tempo, il loro capitale umano al fine di renderli più “forti” nel mercato del lavoro e di aumentarne la mobilità.

L’analisi della realtà sembra, ahimè, testimoniare che la situazione non troppo è cambiata. Ad esempio, la stessa youth guarantee, a ben vedere, si basa, proprio sull’esigenza di aiutare i giovani a entrare nel mercato agevolando e supportando il più possibile, tra le altre azioni, istituti come i tirocini e l’apprendistato quali strumenti di valorizzazione del capitale umano tesi, in particolare, a facilitare la transizione tra la scuola e il lavoro. Realizzarla bene e reinserire molti giovani nel mercato del lavoro è , quindi, per tutti i soggetti coinvolti un dovere e potrebbe essere, per chi lo ha conosciuto e/o condiviso le idee, il miglior modo per ricordare il prof. Biagi dedicandogli i buoni risultati che, speriamo, il nostro Paese raggiungerà.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com