All’indomani dall’approvazione del decreto legge 76/2013, l’ex Premier Enrico Letta aveva preannunciato che il bonus previsto per le nuove assunzioni di lavoratori avrebbe consentito di occupare 100.000 giovani nell’arco di 18 mesi. L’articolo 1 del decreto legge 76/2013 prevede infatti in favore delle aziende un bonus contributivo per la durata di 18 mesi e pari a un terzo della retribuzione – nella misura mensile massima di 650 euro (11.700 in tutto) – per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani under 30. Ciò purché siano rispettati alcuni requisiti, ossia che i giovani siano privi d’impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale. Inoltre, il bonus è previsto anche nel caso di stabilizzazione di un contratto a termine, per la minore durata di 12 mesi (per un totale di 7.800 euro).



Le risorse economiche utilizzate a copertura del bonus contributivo, oggetto oggi di intenso dibattito, sono state destinate principalmente a quelle aree in cui è maggiore l’emergenza occupazione. Infatti, il decreto va a destinare in favore del Mezzogiorno ben 500 dei circa 800 milioni stanziati a coprire l’incentivo, stabilendo un tetto massimo delle risorse assegnate alle Regioni. Per Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia, il tetto è pari a 100 milioni per l’anno 2013 e il 2016, 150 milioni per il 2014 e il 2015, mentre le restanti Regioni restano destinatarie di soli 48 milioni per il 2013, 98 milioni per il 2014 e 2015 e 50 milioni per il 2016.



A oggi, a cinque mesi dall’entrata in vigore della disposizione normativa, la realtà è che la misura introdotta dal decreto è stata utilizzata, secondo le fonti Inps, da circa 13.000 giovani. Meglio di niente, certo, ma un risultato occupazionale molto inferiore alle attese solo se si considerano i risultati occupazionali di questo mese riportati dall’Istat, che parlano di 3 milioni 293 mila disoccupati, in aumento dell’1,9% rispetto al mese precedente (+60 mila) e dell’8,6% su base annua (+260 mila).

Di fronte a tali risultati, che di fatto mostrano un mero contenimento della disoccupazione, senza ripercussioni significative sulle opportunità di assunzione, il rischio palpabile è che il bonus così formulato nell’attuale impianto normativo si stia rilevando inefficace allo scopo dichiarato: creare occupazione aggiuntiva.



L’attuale governo, chiamato a dover gestire le risorse destinate al finanziamento dell’incentivo straordinario, dovrà piuttosto prevedere una diversa assegnazione delle predette risorse, sostenendo le regioni che creano maggiore occupazione, eliminando il tetto massimo di copertura indicato nel decreto. Tale intervento è auspicabile se si vuole davvero favorire l’occupazione giovanile, e non il solo territorio. Fra l’altro, la stessa previsione dell’Isfol relativa ai riflessi occupazionali derivanti dall’eliminazione del tetto massimo porta a sostenere, al termini dei 18 mesi di vigenza della norma, un numero di occupati molto vicino all’obiettivo dei 100.000.

Si auspica dunque che vi sia una convergenza fra il nuovo Governo e le Regioni sull’utilizzo delle risorse economiche a disposizione e che non sia un’ulteriore occasione persa, ma che dia concretezza e rilanci tale strumento incentivante, ciò nel panorama più ampio delle politiche attive in favore dei giovani, sollecitate anche dall’Unione europea con il programma Youth Guarantee. Ciò significa: maggiore attenzione alla formazione, potenziamento dell’interconnessione delle banche dati di domanda e offerta di lavoro, forme contrattuali più snelle senza ridurre gli strumenti oggi disponibili.