«Anziché definire “sconvolgenti” i dati sulla disoccupazione in Italia, Renzi dovrebbe comprendere che la sua riforma del lavoro non può dare le risposte necessarie perché è sbagliata dal punto di vista del merito e del metodo». È la critica del professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze, a proposito delle ultime statistiche dell’Istat che indicano al 13% la disoccupazione nel mese di febbraio: un record da quando esistono le rilevazioni dell’Istituto nazionale di statistica. Per il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il dato è “sconvolgente. Perdiamo mille posti di lavoro al giorno. Dobbiamo correre”.



Professor Forte, quali risposte si attende il mercato del lavoro dal premier Renzi?

Le risposte alla disoccupazione possono venire solo da una liberalizzazione dei contratti di lavoro che riguardi anche le partite Iva. Il tasso di disoccupazione dipende dal fatto che la riforma Fornero ha reso particolarmente difficili i contratti a tempo determinato. Ha inoltre modificato la vera natura del contratto di apprendistato attraverso l’obbligo di assumere gli apprendisti.



Eppure sono proprio questi i punti sui quali è intervenuta la norma voluta dall’attuale governo …

La stessa norma voluta da Renzi su questo punto è però inadeguata, perché non vi si afferma che è lecito fare contratti di apprendistato con possibilità di licenziare, come previsto dal contratto, ma ammette che un accordo contrattuale nazionale obblighi ad assumere una quota di apprendisti. Uno degli stratagemmi attraverso cui Renzi è riuscito a fare approvare questa norma è stato il fatto di prevedere che gli apprendisti possano comunque essere assunti sulla base del contratto nazionale. In questo modo l’imprenditore non sa ancora se il giovane sia o meno in grado effettivamente di fare il suo lavoro, ma è comunque obbligato a tenerlo in azienda. Nella realtà questo è un contratto a tempo indeterminato e non di inserimento come sembrerebbe suggerire il nome.



Perché Renzi non è riuscito ad attuare una riforma più incisiva?

Il presidente del Consiglio si trova in una condizione difficile per quanto riguarda la realizzazione di una riforma del mercato del lavoro, in quanto in modo involontario o per arroganza si è messo contro tutti i sindacati e la stessa Confindustria. Cisl e Uil accetterebbero forme contrattate di flessibilità locale, ma Renzi ha dichiarato che con i sindacati non vuole neanche avere un rapporto. Ciò rappresenta un errore in quanto Renzi può dire che non vuole scendere a patti con il corporativismo nazionale, ma ha interesse ad aprire un dialogo tutte le volte che il sindacato accetta la flessibilità o la vuole discutere.

Non è presto per attribuire a Renzi la responsabilità della disoccupazione al 13%?

La responsabilità è della riforma Fornero, ma Renzi anziché degli 80 euro in più in busta paga avrebbe dovuto preoccuparsi di quanto ripetono Ue e Bce, deregolamentando al più presto il mercato del lavoro. L’abolizione delle partite Iva ha creato un’intera economia sommersa e i contratti d’apprendistato non ci sono perché bisogna assumere. Renzi avrebbe dovuto prendere con urgenza le prime misure riguardanti il lavoro, che rappresenta la priorità italiana, mentre la riforma del Senato è in realtà secondaria.

 

Che cosa ne pensa della diatriba all’interno del Pd?

Nel Pd ci sono diverse anime, che in genere sono abbastanza ostili alla liberalizzazione del mercato del lavoro. Renzi dovrebbe quindi giocare di sponda con altri partiti che sono a favore di regole più flessibili e con Cisl e Uil che spingono in questa direzione. Il problema però è che Renzi sta cercando di sottrarre voti al centrodestra, e poi non riesce a governare il suo stesso partito. All’interno del Pd è ancora forte la sinistra neo-corporativa e dirigista, e ciò rende impossibile una politica che vada realmente in una direzione modernizzatrice del mercato del lavoro. La sinistra del Pd evidentemente non ama Renzi pur facendo parte del suo partito e della sua maggioranza, e si oppone alla sua riforma del lavoro.

 

(Pietro Vernizzi)